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Learning Culture: il ruolo della formazione e la cultura dell’apprendimento in azienda

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Durante una delle puntate dei Visionary HR Talks organizzati da MyNet, ho avuto il piacere di confrontarmi con Priel Korenfeld e Stefania Paoda, Head of People di Zuru Tech Italy e esperta in formazione, a proposito della learning culture in azienda.
Perché gli anni della pandemia hanno rivoluzionato il mondo del lavoro tanto quanto quello della formazione, anche grazie all’avvento di nuove e più avanzate tecnologie. Basti pensare alla didattica a distanza (DAD) e alla formazione sincrona e asincrona a cui è possibile accedere iscrivendosi a una delle tantissime piattaforme di e-learning nate per rispondere ad un desiderio crescente delle persone: crescere e perfezionare le proprie conoscenze.
Ma qual è il ruolo della learning culture e dell’apprendimento continuo in azienda? Per scoprirlo, abbiamo scelto di cominciare con una provocazione: la formazione è morta?

Il ruolo della learning culture in azienda

“Ma insomma”, abbiamo chiesto a Stefania Padoa, “gli anni della pandemia e i cambiamenti che ne sono seguiti hanno portato alla morte della formazione così come la conoscevamo?

In effetti pare che la formazione tradizionale a cui eravamo abituati abbia smesso di esistere lasciando tuttavia spazio a nuovi format più adatti a coprire le altrettanto nuove esigenze delle aziende e delle persone che le compongono.
In passato, la formazione seguiva rituali consolidati, ma con l’accelerazione tecnologica dovuta alla pandemia, molti dei vecchi approcci sono diventati obsoleti. In Italia, la formazione affronta anche sfide legate ai cosiddetti fondi interprofessionali (tipici di una certa forma di formazione finanziata) e alle complesse procedure burocratiche, che spesso rallentano i processi e non soddisfano appieno le esigenze delle aziende.

Eppure, negli ultimi due anni, abbiamo assistito a importanti evoluzioni nella formazione, con l’introduzione di nuovi formati e l’emergere di nuove esigenze finalmente espresse.

 

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Passato vs futuro: la caratteristica chiave di una learning culture efficace

Naturalmente, il variare delle esigenze e delle tecnologie in campo ha permesso di individuare nuovi modi di rendere la formazione davvero efficace.
Per Stefania Paoda, la formazione efficace è quella che sa adattarsi ai tempi delle persone in azienda senza interferire cioè con le attività operative. In passato la formazione veniva infatti intesa come un momento a sé stante del tutto distinto dalla quotidianità lavorativa, risultando in momenti formativi inefficaci e poco rilevanti. Incontrare le reali esigenze delle persone, al contrario, implica saperne cogliere le esigenze per rendere la formazione parte integrante della loro quotidianità.

Ad oggi, si è cominciato finalmente a realizzare che la formazione dev’essere integrata nell’ambiente di lavoro e progettata tenendo conto delle sfide che le persone affrontano quotidianamente. “Progettazione” è in effetti il termine adatto per riferirsi ad un’attività di definizione del percorso di crescita dei singoli che mette in pratica un approccio più pratico e orientato al contesto lavorativo, rendendo la formazione pertinente e coinvolgente.

Insomma, dice Stefania Paoda, sebbene la formazione tradizionale sia (fortunatamente) in declino, ciò non significa affatto che la formazione in sé sia morta. Al contrario, l’evoluzione delle esigenze e dei contesti lavorativi sta spingendo verso nuove forme di apprendimento che si integrano armoniosamente nelle attività quotidiane per rispondere alle reali necessità delle singole persone e delle aziende nel loro complesso. La formazione è quindi destinata a trasformarsi, offrendo opportunità di sviluppo personale e professionale in un modo più adattabile e rilevante per i tempi odierni.

Progettare la formazione

Progettare la formazione è un aspetto cruciale per garantire il successo e l’efficacia dei percorsi di apprendimento. Ma che cosa significa? Per dirla brevemente, si tratta di mettere al centro del processo formativo la parte di design del prodotto-formazione anziché focalizzarsi esclusivamente sull’erogazione o sulla performance del trainer, del coach o formatore che dir si voglia.

Parlare di “design della formazione” ha senso recuperando l’accezione di human centric design emerso negli anni ’80, che per la prima volta ha fatto suo l’obiettivo di mettere al centro del prodotto o servizio le persone che ne dovranno usufruire. Ancora una volta parliamo quindi di mettere le persone al centro per rispondere con azioni concrete alle loro vere esigenze e necessità.

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Il designer dei percorsi di apprendimento

Diretta conseguenza di quanto detto sopra è il diffondersi della figura del designer dei percorsi di apprendimento. Questa figura costituisce il progettista, l’architetto che costruisce il sistema di apprendimento delle persone all’interno dell’azienda analizzando le necessità e tenendo conto delle esigenze del business. Questo secondo aspetto è in effetti fondamentale: le competenze richieste al designer dei percorsi di apprendimento si allargano a comprendere la perfetta conoscenza dell’organizzazione perché è solo così che si potrà agire come un vero e proprio partner aziendale, trovando un punto d’unione tra le aspirazioni dei singoli e la crescita del business.

Purtroppo, ancora troppo spesso questa attività viene considerata in modo superficiale, affidata esclusivamente al reparto HR o appaltata a consulenti o aziende esterne che non hanno conoscenza diretta del business aziendale. Di conseguenza, all’interno dell’organizzazione, spesso manca una chiara comprensione di come collegare le necessità delle persone con la formazione.

La learning culture e l’analisi delle esigenze

Ma cosa si intende per analizzare l’esigenza? È importante comprendere che i bisogni in azienda non sono mai omogenei. La formazione deve essere inserita in un contesto molto più ampio, che tenga conto dei cambiamenti organizzativi, delle strategie aziendali, delle sfide specifiche di ogni reparto e delle competenze richieste per affrontare tali sfide.

Il designer dei percorsi di apprendimento svolge un ruolo chiave nell’analisi delle esigenze, identificando le lacune di conoscenza e le competenze necessarie per raggiungere gli obiettivi organizzativi. Questo richiede una profonda comprensione dell’organizzazione stessa e una stretta collaborazione con i leader aziendali, i responsabili dei reparti e gli stakeholder chiave. Il designer deve essere in grado di tradurre queste esigenze in programmi di formazione mirati, che siano coerenti con la strategia aziendale e che soddisfino le necessità delle persone coinvolte.

Da dove iniziare

Una delle domande che più spesso vengono poste dalle aziende in tema di formazione è: da dove iniziare per introdurre una learning culture efficace?
Il primo passo è naturalmente quello di scegliere un approccio centrato sull’esperienza dell’utente e sulle reali esigenze dei dipendenti ponendosi una serie di domande chiave.

Quali sono le competenze attuali dei dipendenti? Dove desideri portarli in termini di sviluppo e crescita? E poi, ancora, quali competenze e conoscenze desideri acquisiscano nel loro percorso?
Tutte queste domande richiedono un’attenta analisi delle aspettative e degli obiettivi delle persone coinvolte.

Il punto è, come sottolinea Stefania Paoda, che la formazione è uno degli elementi che costituisce l’esperienza delle persone in azienda ed è importante rappresenti un momento positivo e gratificante. Per farlo si tratta, in poche parole, di fare un ritorno alle origini e cercare di capire fino in fondo quali sono le conoscenze e competenze che desideriamo le persone acquisiscano e quali comportamenti vorremmo mettessero in atto all’interno dell’ambiente lavorativo.

Una volta definiti gli obiettivi di apprendimento, è essenziale misurare l’impatto della formazione sui comportamenti dei dipendenti. Ciò significa stabilire una serie di indicatori prima, durante e dopo la formazione, che permettano di valutare l’efficacia dei programmi formativi. Questo aspetto spesso viene trascurato, ma è di fondamentale importanza per valutare il ritorno sull’investimento in formazione e migliorare costantemente i percorsi di apprendimento.

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Il ROI della formazione: misurare il ritorno sull’investimento formativo

Misurare il ritorno sull’investimento (ROI) nella formazione è un compito estremamente complesso. Prima di tutto, è fondamentale definire l’obiettivo della formazione ancor prima di pianificarla. Questo permette di valutare se la formazione può effettivamente risolvere il problema o soddisfare le esigenze identificate. Come Stefania Poada ama sottolineare, la formazione non è una soluzione universale né una panacea ad ogni male aziendale, ma parte integrante di un sistema più ampio.

La formazione funge da acceleratore per produrre cambiamenti comportamentali in un periodo di tempo più breve rispetto alla normale evoluzione individuale. Non a caso, a livello aziendale, la percezione di necessità si fa evidente proprio quando si osservano comportamenti poco allineati rispetto alla cultura aziendale o non propriamente conformi alle esigenze del business. Tuttavia, la formazione da sola non è l’unico elemento che può influenzare il cambiamento nelle persone. Serve infatti considerare anche altri fattori come la leadership, il senso di squadra e la cultura aziendale.

Per misurare il ROI della formazione, è importante capire quale porzione del risultato finale possa essere attribuibile alla formazione stessa.
Insomma, misurare il ROI della formazione richiede una valutazione attenta e olistica dei risultati ottenuti. La formazione è solo una parte del puzzle, e occorre considerare anche altri fattori che influenzano i comportamenti e le performance delle persone. Comprendere l’impatto e l’efficacia della formazione significa guardare oltre la singola fetta della torta e comprendere l’intero quadro dell’esperienza aziendale.

Come promuovere una learning culture

Per spingere le persone a orientarsi con naturalezza e autonomia verso contenuti formativi è possibile adottare diverse strategie come:

  • Costruire una “biblioteca aziendale” con volumi proposti dai dipendenti e che possono essere consultati in ufficio o portati a casa per una lettura approfondita;
  • Incentivare l’autonomia dei singoli nella ricerca di percorsi formativi interessanti che possano poi essere finanziati dall’azienda stessa;
  • Consigliare contenuti formativi online aperti al pubblico come video e podcast che possano fungere da preziose risorse per l’apprendimento;
  • Promuovere una cultura di condivisione delle conoscenze ed esperienze, magari impiegando il Knowledge Management e il Modulo Banca del tempo dell’App MyNet.

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Questo articolo è stato scritto da

Manuele CeschiaCEO di MyNet. Laureato in Economia e da sempre impegnato nel settore del marketing, della comunicazione e dell’organizzazione di eventi, si occupa dello sviluppo del progetto MyNet supportando il lavoro di tutti i team. Collabora con Università e Centri di formazione per condividere la sua esperienza professionale.

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