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Employee experience: lavoratore che seleziona tra faccina felice e triste

L’Employee experience: cos’è e come renderla la base del successo aziendale

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Il 21 giugno KPMG e Great Place to work, società di consulenza organizzativa in ambito HR, hanno pubblicato un report che riassume la ricerca, svolta tra il 2020 e il 2021, sull’“Eccellenza nella Employee experience”.

Al giorno d’oggi, infatti, le organizzazioni non possono definirsi davvero competitive sino a quanto non prestano ai propri dipendenti la stessa attenzione che riservano ai clienti. Customer experience e employee experience devono infatti andare di pari passo ed è solo offrendo un’esperienza lavorativa d’eccellenza ai propri dipendenti che è possibile, per le aziende, migliorare le proprie performance. Che cosa significa? Che è arrivato il momento di rafforzare la cultura del coinvolgimento, del rispetto e della trasparenza. Insomma, è arrivato il momento di tener conto dell’esperienza di lavoro delle persone.

Prima di approfondire i dati emersi dal report, basati sui feedback raccolti sull’Employee Experience da un campione di dipendenti lavoratori italiani, consideriamo però che cos’è l’Employee Experience e come si costruisce.

Che cos’è l’Employee experience

L’employee experience è la somma di tutte le interazioni tra dipendente e datore di lavoro che avvengono nel corso dell’intera esperienza con una determinata azienda dal momento dell’onboarding, probabilmente addirittura fin dalle settimane o mesi precedenti l’assunzione, quando il futuro dipendente sta attendendo di entrare a tutti gli effetti a far parte dell’azienda, fino all’offboarding e alla sua uscita dall’azienda per dimissioni volontarie, cessazione o pensionamento. Per il lavoratore, si tratta di esperienze, momenti d’incontro, percezioni e sensazioni che derivano dai contatti con una specifica realtà di business. Parliamo, insomma, di tutto ciò che un lavoratore vive con il proprio datore di lavoro, dalla fase di recruiting fino all’ultima interazione a termine del rapporto lavorativo.

L’esperienza del dipendente non ha forma lineare né tantomeno può essere intesa come un sentimento statico. L’employee experience, infatti, varia da dipendente a dipendente, a seconda delle caratteristiche personali dello stesso, oltre a mutare durante l’intero percorso del lavoratore in azienda e risente di numerosi elementi che definiscono la sua esperienza: il rapporto con i colleghi e con i responsabili, le responsabilità individuali, gli spazi di lavoro, la flessibilità, la work-life balance, la presenza di strumenti tecnologici che semplificano il lavoro, le remunerazioni e la presenza di benefit.

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L’esperienza di lavoro come un viaggio: l’Employee journey

L’esperienza del lavoratore viene spesso indicata anche con l’espressione Employee journey, proprio a sottolineare questa forma di viaggio che altro non è che l’intero percorso compiuto dal lavoratore sul posto di lavoro.

Altrettanto spesso, l’Employee experience viene accostata all’employee engagement, ovvero al grado di coinvolgimento e motivazione del dipendente. Tuttavia, le due espressioni non possono essere considerate sinonimi. Piuttosto, l’employee engagement può essere inteso in quanto ingrediente dell’employee experience che è, invece, una strategia che vive nel lungo termine.

A che cosa serve l’Employee experience

L’employee experience corrisponde ad una mentalità che mette al centro le persone e che vede nelle risorse umane il vero vantaggio di business. Per questo motivo, gli obiettivi primari dell’esperienza del dipendente sono la diffusione di una cultura aziendale trasparente che crede fortemente nell’affiatamento del team, nella collaborazione tra colleghi e nella comunicazione tra lavoratori e datore di lavoro. Ciò, primariamente, adottando strumenti tecnologici che permettano di semplificare la quotidianità del personale.

Da tutto ciò deriva, naturalmente, un importante incremento della produttività e delle performance finanziarie associate ad una maggior capacità, da parte dell’azienda, di attrarre e trattenere personale di talento.

Insomma, l’employee experience mira a motivare i dipendenti e aumentare la retention creando un’esperienza di lavoro che meriti di essere vissuta. Una employee experience eccellente si rivela anche un utile strumento nelle fasi di recruiting e talent acquisition: un’azienda con dei dipendenti soddisfatti della propria situazione godrà, infatti, di un passaparola positivo e, si sa, da un lato, si fa sempre più affidamento alle recensioni e all’esperienza diretta di un conoscente e, dall’altro, i dipendenti e collaboratori cercano sempre più realtà sane e attente ai bisogni delle loro risorse.

esperienza dei dipendenti indicata con faccine felice, triste e neutra

Come si costruisce un’employee experience d’eccellenza

Come abbiamo anticipato, l’employee experience deve necessariamente mettere al centro della strategia le persone. Un’operazione di questo tipo implica prendere in considerazione ciò che più accende e coinvolge le persone: i valori. Lavorare sulla employee journey implica quindi per le organizzazioni definire con precisione i propri valori e dotarsi di efficaci strumenti digitali con cui diffonderli tra la popolazione aziendale che deve non solo accoglierli ma condividerli.

Le 5 fasi dell’esperienza dei dipendenti

La costruzione di un’efficace esperienza del dipendente parte dalla fase di assunzione e prosegue durante l’intero percorso lavorativo. Consideriamone le cinque fasi:

  1. Employer branding: si tratta di tutte quelle strategie ed azioni preliminari ai colloqui che hanno lo scopo di promuovere il brand e l’azienda come datore di lavoro ideale. L’obiettivo consiste nell’attrarre personale talentuoso, attirato dai valori aziendali percepiti o dall’attività di promozione naturale portata avanti dai dipendenti stessi con testimonianze dirette (la cosiddetta Employee Advocacy i dipendenti si trasformano in veri e propri Ambassador dell’azienda);
  2. Recruiting: è la fase dei colloqui vera e propria. Indipendentemente dall’esito, deve essere tale da garantire al candidato un’esperienza positiva, che lasci quindi forte la sensazione e la percezione di una realtà organizzativa di valore. Il personale coinvolto nei colloqui, sia lato HR che linea, deve trasmettere i valori e la cultura aziendali, essere coerente con l’immagine che l’azienda vuole dare di sé e gestire con professionalità e chiarezza il processo di selezione in tutte le sue fasi, dal primo contatto, alla comunicazione dell’esito, il famoso feedback post colloquio;
  3. Onboarding: per gli assunti, coincide con la prima delicata fase di inserimento in un nuovo posto di lavoro, dotato di regole, cultura, valori e procedure interne. Una fase che, tenendo conto delle naturali difficoltà dell’inserimento, deve mirare a semplificare le interazioni, fornire tutte le informazioni necessarie per svolgere al meglio il nuovo ruolo, ma anche per sapersi orientare all’interno della nuova realtà e, più in generale, favorire un ingresso in azienda stress-free.
  4. Quotidianità lavorativa: corrisponde alle attività del lavoro e ai compiti così come agli spazi aziendali e alle interazioni con i colleghi. Implica, quindi, una particolare attenzione alla professionalità del lavoratore che dev’essere supportata attraverso pianificati programmi di avanzamento carriera, corsi di formazione, d’aggiornamento e così via.
  5. Fine rapporto: si tratta delle interazioni che concludono il rapporto lavorativo tra dipendente e datore. Anche queste, in effetti, hanno un’importanza fondamentale in termini di employee experience e valgono tanto quanto la prima fase dell’employee journey.

Per essere davvero efficace, l’esperienza del dipendente sviluppata dalle organizzazioni deve puntare ad una migliore collaborazione tra colleghi, al supporto di un sano bilanciamento vita-lavoro, alla gratificazione del dipendente e al coinvolgimento nelle strategie e negli obiettivi aziendali.

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La tecnologia

Nell’ambito dell’employee experience la tecnologia ha un ruolo di fondamentale importanza per diverse ragioni.

Innanzitutto, la tecnologia ha notevolmente alzato le aspettative dei lavoratori che hanno ora, in effetti, la possibilità di conoscere il mercato del lavoro su scala mondiale. I social network, da Facebook a LinkedIn, ma anche siti specifici, come Glassdoor o Indeed, permettono infatti alle persone di comparare le esperienze altrui e, sulla base di queste comparazioni, valutare la propria. Ne deriva che l’unico modo per fidelizzare i dipendenti coincide nella creazione di un’esperienza di lavoro davvero positiva, che tenga conto delle loro esigenze e dei loro desideri.

D’altro canto, la tecnologia si sta rivelando fondamentale anche nella creazione di un’esperienza di lavoro meritevole. Si pensi, ad esempio, alle sempre più diffuse logiche di gamification adottate durante la fase di recruiting o agli strumenti tecnologici che semplificano la gestione dei lavori in team o dei lavoratori in smart working.

Il report di Great Place To Work

La ricerca che ha dato origine al report di KPMG e Great Place to Work si basa sui feedback raccolti a proposito dell’Employee experience di un campione di lavoratori dipendenti italiani.

La soddisfazione associata all’esperienza dei dipendenti è stata misurata attraverso due indici: il primo non dissimile da quello utilizzato per analizzare l’esperienza dei consumatori, il secondo invece ad esprimere quanto le persone si sentano ambasciatori del brand della propria azienda, ovvero il grado di Employee Advocacy.

Certamente interessante, per le realtà organizzative interessate a migliorare o creare un’efficace employee experience, dev’essere il dato che accomuna il ristretto gruppo di realtà Top performance individuate nel report. Le aziende eccellenti, infatti, si caratterizzano per alcuni elementi comuni e distintivi: l’aver fatto dell’innovazione e della digitalizzazione gli elementi chiave della loro Employee value proposition e l’aver favorito processi interni snelli.

MyNet, l’App aziendale che aiuta a creare una buona employee experience

Entrambi questi obiettivi possono essere facilmente raggiunti adottando l’App aziendale MyNet. Un software di gestione delle risorse umane che i dipendenti possono scaricare in versione App dagli Store Android e iOS e che consente loro di veder semplificata (e migliorata) la propria quotidianità al lavoro.

Offrire al proprio personale l’App MyNet, ovvero la possibilità di impiegare un solo strumento aziendale per affrontare ogni necessità associata al lavoro, ha notevoli vantaggi. Aiuta infatti nella gestione delle risorse umane e nell’ottimizzazione di tutti i processi ma fa altrettanto con la comunicazione interna. Uno degli obiettivi di MyNet, che sin dalla sua nascita ha deciso di porre le persone al centro dei propri ragionamenti e processi, consiste infatti nel favorire un’efficace comunicazione tra datore di lavoro e dipendenti, tra colleghi e tra personale e responsabili. Insomma, una tecnologia che sta nel palmo di una mano ma che si applica dalla timbratura del cartellino all’apposizione della firma elettronica, dall’impegno in attività benefiche alla compilazione di moduli. Una soluzione all-in-one che permette alle persone di essere connesse, condividere i valori organizzativi e sentirsi parte di un’unica realtà come obiettivo dell’employee experience.

Questo articolo è stato scritto da

Giulia Di SopraCustomer success manager di MyNet. Nel 2015 entra nel mondo del digitale lavorando nel dipartimento commerciale di un’azienda di servizi online. Dopo diversi anni all’estero rientra in italia e inizia la sua attività in MyNet dedicandosi all’organizzazione delle DEMO, alla formazione dei manager e all’assistenza clienti.

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