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offboarding: persone che si stringono la mano

Cos’è e come funziona il processo di offboarding: quando l’arrivederci fa la differenza

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Il modello a 5 fasi dell’Employee Life Cycle insegna che una buona esperienza dei dipendenti con il brand è importante tanto quanto l’esperienza dei clienti con il prodotto o servizio. Il cosiddetto “ciclo di vita” dei dipendenti all’interno dell’azienda si sviluppa in 5 distinti momenti che comprendono il primo contatto (attraction), l’assunzione (recruiting), l’ingresso in azienda vero e proprio (onboarding), il percorso di “convivenza” e collaborazione (retention) fino alla chiusura del rapporto lavorativo (offboarding).
Sebbene le prime fasi vengano considerate con particolare cura e attenzione dai reparti HR, lo stesso non può dirsi dell’offboarding, quel processo di valorizzazione delle risorse in uscita che ha l’obiettivo di mantenere salda la brand reputation ed evitare alle aziende contenziosi di varia natura.
Come sottolinea la ricerca pubblicata sull’Harvard Business Review dedicata all’offboarding, infatti, è importante per le aziende imparare a dire arrivederci nel modo giusto per poter ottenere benefici in termini di crescita e sviluppo.

Ma cos’è l’offoarding, perché è così importante e soprattutto come si può gestire al meglio questo delicato e complesso processo?

Cos’è il processo di offboarding: significato

Con offboarding ci si riferisce a quel processo di transizione che viene messo in fatto, all’interno di un’organizzazione, quando un dipendente lascia volontariamente o involontariamente l’azienda.

Se con onboarding si indicano le attività da svolgere quando un nuovo dipendente entra in azienda (dalla consegna del pc alle pratiche amministrative fino alle attività di coaching e tutoring iniziali), le attività di offboarding sono invece riservate ai dipendenti che si apprestano ad essere “ex” con l’obiettivo di fare il punto della situazione, fornire un giusto arrivederci e pianificare il da farsi.

Un processo di offboarding ben strutturato, infatti, evita che l’uscita di un dipendente impatti in modo eccessivo sui colleghi rimasti (magari con improvvisi nuovi carichi di lavoro), guida e coordina il team durante il periodo di transizione e assicura all’azienda massima sicurezza. Ad esempio, pensa all’ultimo dipendente che ha deciso di lasciare la tua azienda: ti sei assicurato di cambiare le credenziali d’accesso ed evitare che possa accedere alle e-mail, al digital workplace e al materiale sensibile? Può sembrare una domanda banale ma non lo è affatto. Basti pensare che nel 2021 Tesla ha intentato causa contro un ex dipendente dopo aver scoperto che questi aveva esportato dati proprietari e apportato modifiche al codice sorgente.

Poco importa che il turnover del personale sia fisiologico o patologico, in entrambi i casi prestare attenzione all’offboarding è fondamentale.

Secondo la regola del “picco e della fine” di Daniel Kahneman, scienziato comportamentale e premio Nobel, le persone giudicano un’esperienza richiamando alla mente come si sono sentite durante il suo momento più intenso e alla sua fine. Non l’esperienza nel suo totale, insomma, ma il suo picco e la sua conclusione. Questo insegna ai reparti HR che i dipendenti ricordano principalmente come vengono gestite le uscite più che i nuovi ingressi, e che una buona gestione del processo di offboarding è un elemento chiave per la creazione di un clima aziendale interno sereno per il quale valga la pena rimanere.

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A che cosa serve: i vantaggi di un buon arrivederci

Secondo l’articolo dell’Harvard Business Review citato in apertura, il processo di offboarding può essere inteso come parte integrante di una strategia gestionale ad ampio raggio.

I suoi obiettivi, e i vantaggi che è in grado di apportare all’azienda, sono molti e variegati. Tra questi rientra certamente la volontà di trasformare gli ex dipendenti, gli ex collaboratori, gli ex tirocinanti (e così via) in brand ambassador che celebrano l’azienda, i suoi valori, la sua missione e i suoi prodotti parlandone alla propria rete o persino procurando nuove interessanti occasioni di business.

Naturalmente, è evidente che una buona gestione della fase di uscita dei dipendenti ha ripercussioni positive sulla reputation aziendale e sull’employer branding. Per i candidati, la cura che l’azienda riserva alle persone dal primo all’ultimo momento della relazione lavorativa è una caratteristica peculiare capace di aumentarne l’attrattività. Lo stesso vale inoltre per chi resta, consapevole di trovarsi in un ambiente di lavoro sano e positivo in cui la chiusura del rapporto non è qualcosa da condannare ma piuttosto una parte naturale di un percorso in cui azienda e dipendenti sono stati, ad ogni modo, capaci di generare valore positivo l’uno per l’altra.

Oltre a questi aspetti, è certo importante sottolineare che una gestione organizzata dell’offboarding è particolarmente preziosa per le aziende sia dal punto di vista economico sia legale. Infatti, il processo di offboarding aiuta a gestire e raccogliere al meglio la documentazione necessaria (utile anche ad evitare reclami dovuti a licenziamento ingiusto) ed evitare perciò contenziosi, stabilendo a monte le linee guida e i processi sistematici per la gestione delle uscite dei dipendenti.

Come si gestisce un buon processo di offboarding

Uno dei motivi per cui il processo di offboarding viene spesso sottovalutato dalle aziende coincide anche, ad onore del vero, con la sua complessità.

Infatti, sono moltissime le varianti che incidono sulla gestione dell’offboarding a partire dal ruolo ricoperto dall’ex dipendente e dal grado di anzianità.

Ad ogni modo, ecco una serie di passaggi che non possono mancare in un processo di offboarding:

  • Condivisione, raccolta e archiviazione dei documenti: assicurati di archiviare la lettera di dimissioni o rinuncia formale firmata dal dipendente e passa al vaglio tutti i documenti che il dipendente ha firmato nel corso della sua permanenza a partire da privacy policy, contratti bonus e così via (scopri Armadietto);
  • Pianificazione delle attività contabili: predisponi tutte le informazioni necessarie per applicare le modifiche in dichiarazione dei redditi, programmare l’ultimo pagamento dello stipendio, contabilizzare i giorni di ferie etc.;
  • Trasparenza e definizione degli step di transizione: sii trasparente con il tuo team e informalo dell’imminente cambiamento. Nel frattempo, semplifica il trasferimento di conoscenza accertandoti che attività e progetti siano pronti per essere trasferiti agilmente alla figura che sostituirà il dipendente in uscita,
  • Comunicazione con gli stakeholder: se il dipendente che sta per lasciare l’azienda ha diretto contatto con i clienti, assicurati di comunicar loro il cambiamento presentando un piano d’azione capace di farli sentire in mani sicure;
  • Restituzione delle proprietà aziendali: se il dipendente in uscita utilizza attrezzature e materiale di proprietà aziendale (pc, smartphone, divisa, chiavi, etc.) è necessario stabilire una data per il ritiro di quanto consegnato;
  • Raccolta dei feedback durante il colloquio di uscita: fissa un incontro one-on-one con il dipendente in uscita per parlare della sua esperienza in azienda e scoprire le motivazioni della sua decisione. Questo permetterà al reparto HR di conoscere dinamiche interne o situazioni da gestire, scoprire punti forza e di debolezza.
  • Tutela dei dati aziendali: il Ponemon Institute ha stimato che 1 ex dipendente su 4 ha ancora accesso ai sistemi aziendali. Accertati di modificare password e eliminare l’account dell’ex dipendente per evitare che questo possa accedere a materiale, ai data base e agli spazi digitali aziendali (e-mail compresa).

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Conclusione

Quanto detto fin qui avrà ormai reso evidente l’importanza del processo di offboarding dei dipendenti. In un mercato del lavoro fluido come quello attuale, basti pensare che la durata media di un impiego si è ridotta a circa 4,1 anni (Bureau of Labor Statistics), le aziende esemplari hanno già cominciato a pianificare un processo organizzato per dire arrivederci ai propri dipendenti, allineandolo alle politiche aziendali di gestione delle risorse umane e dei talenti.

Se ancora non hai definito un processo di offboarding per la tua azienda, sappi che un ottimo punto di partenza sono la missione, la visione e la cultura stessa dell’organizzazione. Il modo in cui tratti i dipendenti in uscita, infatti, invia un messaggio chiaro all’esterno e all’interno capace di aumentare notevolmente la brand reputation e l’engagement dei tuoi dipendenti.

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Questo articolo è stato scritto da

Manuele CeschiaCEO di MyNet. Laureato in Economia e da sempre impegnato nel settore del marketing, della comunicazione e dell’organizzazione di eventi, si occupa dello sviluppo del progetto MyNet supportando il lavoro di tutti i team. Collabora con Università e Centri di formazione per condividere la sua esperienza professionale.

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