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Employee Experience: l’importanza del progettare l’esperienza delle persone in azienda

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L’Employee Experience ha già da tempo dimostrato di essere la chiave di volta per tutte quelle organizzazioni che desiderano distinguersi dalla concorrenza e ottenere un vantaggio competitivo. L’interazione tra le persone e l’impresa, i processi lavorativi, gli strumenti in uso e l’organizzazione aziendale nel suo complesso sono infatti aspetti che influiscono con evidenza sull’esperienza dei dipendenti e, in ultima analisi, sulla loro motivazione e sul loro coinvolgimento.
Progettare una buona Employee Experience significa prestare attenzione a tutto il ciclo di vita del dipendente, dalla fase di selezione fino all’offboarding, per offrirgli un’esperienza lavorativa positiva in grado di soddisfare le aspettative.

Per approfondire il tema, abbiamo parlato con Andrea Montuschi, Employee Experience Strategist presso Qualtrics, docente e Presidente di Great Place to Work Italia fino al 2021.
Ecco qui la puntata di HR Visionary Talks.

Le fasi dell’employee experience

L’Employee Experience può essere intesa come il rapporto tra aspettative e realtà vissuta dalle persone sul posto di lavoro.

D’altronde, l’era digitale ha notevolmente ampliato le opportunità per le persone di comunicare e confrontare esperienze su scala globale, creando aspettative sempre più alte che le aziende, decise a partecipare alla cosiddetta “guerra dei talenti”, nutrono con promesse spesso non facili da mantenere. È dall’osservazione di questa discrepanza che nasce l’insoddisfazione dei dipendenti ed è proprio qui che si concentra l’attenzione dell’Employee Experience Strategist che mira appunto a trovare ed offrire ai datori di lavoro i migliori strumenti per aumentare la felicità delle persone.

È arrivato il momento, insomma, di rivedere i processi, gli strumenti e le organizzazioni in un’ottica “dipendente-centrica” prestando maggior attenzione al ciclo di vita del dipendente dalla fase di selezione a quella di exit.

Per costruire un’Employee Experience capace di mantenere saldo l’engagement, è necessario prestare cura a 5 diverse fasi:

  • Recruiting: il processo di assunzione che deve offrire al candidato un’immagine positiva in linea con le reali qualità, valori e caratteristiche dell’azienda
  • Onboarding: l’inserimento in azienda del dipendente e il momento in cui diventa possibile paragonare le aspettative iniziali con l’effettiva realtà aziendale
  • Development: la crescita del dipendente all’interno dell’azienda a seguito dello sviluppo di nuove capacità e competenze
  • Retention: strategia di fidelizzazione dei dipendenti che punta a consolidare le loro posizioni e il loro sviluppo per assicurarsi la crescita dell’azienda
  • Exit o offboarding: l’uscita del dipendente dall’azienda, volontaria o meno che sia.

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L’Employee Engagement

L’engagement, ovvero il coinvolgimento e la motivazione, è da tempo una delle bussole che guida il lavoro dei reparti HR.

L’Employee Engagement è la chiave per coinvolgere emotivamente le persone e includerle attivamente nella cultura aziendale. Questo coinvolgimento, d’altronde, rappresenta per le imprese non solo un vantaggio competitivo ma una vera necessità per tener testa alla concorrenza.

Tuttavia, osservare l’Experience dei dipendenti, sottolinea Andrea Montuschi, implica ampliare la prospettiva e andare all’origine per considerare tutta l’esperienza e tutte le interazioni che il dipendente vive con l’azienda. L’engagement, in poche parole, è solo uno degli elementi che agisce sull’Employee Experience poiché quest’ultimo richiede una vera e propria riprogettazione dello spazio lavoro, più focalizzato sui dipendenti.

Lo sviluppo di un quadro di riferimento per l’Employee Experience è una sfida di fronte ai continui cambiamenti del mondo del lavoro. In ogni caso, ecco i suggerimenti tratti direttamente da Quantics:

  1. Scopri i momenti che contano davvero per i tuoi dipendenti e raccoglie regolarmente i loro feedback;
  2. Offri una cultura aziendale, un ambiente di lavoro e tecnologie all’altezza dei tuoi obiettivi di business

Ad oggi, esistono molti applicazione e programmi per facilitare la raccolta di feedback e la comunicazione tra dipendenti, supervisioni e manager oltre che lo svolgimento del lavoro quotidiano (tra queste, la stessa App MyNet). Ciò che conta è trovare le soluzioni per contribuire in modo significativo alla creazione di un ambiente di lavoro che metta le persone al centro, che consideri la loro felicità un elemento chiave e non un mero accessorio.

Le nuove dinamiche del remote first

In un mondo del lavoro sempre più remote first, ovvero sempre più costruito per poter essere vissuto in modalità da remoto senza bisogno di incontrare i colleghi in un ufficio, come cambia l’Employee Experience?

Per Andrea Montuschi, il diffondersi del remote first ha completamente rivoluzionato le interazioni tra persone andando ad intaccare una delle caratteristiche stesse del popolo italiano: l’ilarità e la voglia di affrontare con spirito comico anche le situazioni più stressanti. La risata, la battuta divertente e inaspettata rappresentano generalmente degli elementi preziosissimi della comunicazione, capaci di alleggerire le situazioni più complesse e creare relazioni solide tra le persone, avvicinate proprio dal potere di un sorriso rubato.

Ma quante volte durante una call con i colleghi avresti voluto fare una battuta divertente ma hai rinunciato, non trovando il momento per inserirti con naturalezza nella conversazione?

Lo schermo di un pc costituisce a tutti gli effetti un muro tra le persone che rende difficile quella naturalezza delle interazioni che invece appartengono ai rapporti viso a viso.

Dal punto di vista della motivazione e dell’Employee Engagement, quindi, il lavoro da remoto implica adottare regole diverse.

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Come si misura l’Employee Experience?

Per misurare efficacemente l’Employee Experience del personale esistono moltissimi diversi strumenti online. Si tratta, nel complesso, di strumenti che puntano ad indagare nel dettaglio il grado di “felicità” del dipendente durante tutto il suo ciclo di vita in azienda, cioè durante tutti i momenti più significativi dell’esperienza sul lavoro a partire dalla selezione all’exit.

Parliamo, nel complesso, di listening tools e predictive analytics, strumenti di diagnosi dei colloqui e di ottimizzazione dell’onboarding. I sondaggi, in particolare, rappresentano un preziosissimo strumento per monitorare l’offerta di Employee Experience e comprendere quali strategie funzionano al meglio e quali meno. Utilizzando l’App MyNet e il suo Modulo Sondaggi, ad esempio, è possibile veicolare questionari ai dipendenti (a tutto l’organico o a specifici reparti, solo per fare un esempio) e offrire così la possibilità alle persone di fornire feedback direttamente dal proprio cellulare.

Di recente, Quantrics ha portato a termine una ricerca sull’Employee Experience che ha coinvolto 14mila persone assunte a tempo indeterminato full-time in 27 paesi, Italia compresa. Da questa ricerca, che può essere letta integralmente qui, uno dei dati più interessanti agli occhi di Andrea Montuschi è quello relativo al fenomeno delle grandi dimissioni. Il fenomeno, infatti, trova conferma nella quantità di intervistati che hanno dichiarato di aver, se non altro, considerato l’idea di cambiare azienda. Tra questi, ad aver considerato le dimissioni sono principalmente le donne che ricoprono posizione di responsabilità, ancora troppo spesso costrette a gestire con le proprie forse non soltanto le incombenze del lavoro ma anche tutte quelle della casa.

Gli errori più comuni in azienda

Tra gli errori più comuni che vengono inconsapevolmente compiuti dalle aziende rientra certamente l’eccessiva attenzione all’esterno. Come abbiamo visto in apertura, d’altronde, la war for talent porta spesso i reparti HR a focalizzarsi prevalentemente sull’Employer Branding e sull’attraction dimenticando altri importantissimi fattori dell’Employee Experience.

Attirare i migliori talenti ma poi dimenticare completamente, ad esempio, di curare la relazione con loro una volta inseriti nel team significa preparare le basi per quello che sarà certo un’impennata nei tassi di turnover.

Come abbiamo visto prima, l’Employee Experience si gioca sul soddisfacimento delle aspettative dei dipendenti. Non mantenere le promesse è la formula perfetta per il fallimento.

Ad esempio, quante aziende prestano all’offboarding lo stesso grado di attenzione che dedicano all’onbaording? L’offboarding è un processo estremamente delicato che, nonostante si applichi a coloro che sono in uscita dall’azienda, ha un effetto anche su chi rimane. “Tutto ciò che l’azienda fa ed è visto e percepito dai suoi dipendenti”, sottolinea Montuschi, “ha un grosso impatto sull’engagement”. Perché in effetti, è anche durante l’offboarding che i dipendenti si accorgono del processo valoriale dell’azienda, potendo concretamente vivere il suo istema etico.

Un altro grande errore spesso compiuto dalle aziende è quello di prendere decisioni senza basarsi sui dati e utilizzando piuttosto impressioni, opinioni e puro istinto.

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Quanto pesa l’onbaording sulla motivazione a lungo-termine dei dipendenti?

Durante l’HR Talk è emersa la curiosità dei datori di lavoro e delle figure HR rispetto all’onboarding. In particolare, quanto conta l’onboarding experience sull’engagement a lungo termine dei dipendenti?

Questo aspetto è da qualche tempo diventato uno dei grandi interessi di Quantrics che ha in effetti cominciato una ricerca (ancora in corso) proprio relativa a questo tema. Pur non essendo emersi ancora dati ufficiali da riportare, l’osservazione di alcune situazioni tipiche ha già permesso di scoprire l’influenza che la fase di onboarding ha sulla motivazione e sull’ingaggio dei dipendenti proprio perché rappresenta il momento in cui diventa possibile scoprire la realtà aziendale e metterla a paragone con le aspettative e le promesse ricevute sin dalla fase di onboarding.

L’onboarding, come abbiamo visto, è solo una delle fasi dell’Employee Experience e rende evidente che quello tra dipendenti e aziende è un rapporto che si gioca sulla fiducia e sulla trasparenza. È infatti solo mantenendo le promesse che sarò possibile creare rapporti a lungo termine.

Questo articolo è stato scritto da

Manuele CeschiaCEO di MyNet. Laureato in Economia e da sempre impegnato nel settore del marketing, della comunicazione e dell’organizzazione di eventi, si occupa dello sviluppo del progetto MyNet supportando il lavoro di tutti i team. Collabora con Università e Centri di formazione per condividere la sua esperienza professionale.

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