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La piramide di Maslow come guida per aumentare la motivazione sul lavoro

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Da ormai diversi anni quello dello scarso livello di coinvolgimento dei dipendenti all’interno dell’azienda è diventato un serio problema. Già nel 2015 le ricerche riportavano che il 62% dei dipendenti si considerava non coinvolto, ma la realtà è ad oggi ancor più grave. Una recente ricerca di Kincentric ha riportato infatti una percentuale in crescita, scoprendo che al 2021 il tasso di dipendenti non coinvolti in azienda è salita al 69%.
Quello delle dimissioni volontarie è quindi un fenomeno che non ci dovrebbe sorprendere. Colpa di carichi di lavoro eccessivi, responsabili restii al cambiamento in un momento storico in cui il cambiamento dovrebbe invece essere una costante (change management) ed insoddisfazione nei confronti del lavoro, il fenomeno ha tuttavia raggiunto proporzioni allarmanti. Ma come poter invertire questo processo?
La risposta sta nel soddisfare i bisogni dei dipendenti e favorirne la motivazione. In tal senso, un modello utile da conoscere è quello teorizzato dallo psicologo americano Abraham Maslow nel 1954: la piramide di Maslow. 

Ecco che cos’è la piramide dei bisogni di Maslow e perché può aiutare a trattenere i dipendenti in azienda. 

Cos’è la piramide di Maslow 

La piramide di Maslow, nota anche come scala di Maslow, è una teorizzazione formulata dallo psicologo americano Abraham Maslow nel 1954 che prevede un’organizzazione dei bisogni umani in cinque livelli, gerarchicamente disposti all’interno di una piramide. 

In questa gerarchia dei bisogni, Maslow pone alla base della piramide i bisogni essenziali, quelli fisiologici e associati alla sopravvivenza, e nei livelli superiori i bisogni secondari e più immateriali, come quelli sociali e relazionali e che riguardano perciò aspetti legati al senso di realizzazione e autostima. Se i primi una volta soddisfatti non si ripresentano, i secondi invece rinascono con sempre più vigore e con obiettivi da raggiungere sempre più ambiziosi. 

Sebbene nata nell’ambito della psicologia sociale, e oggetto di moltissime critiche a cui accenneremo tra poco, la teoria di Maslow ha trovato applicazione in moltissimi campi diversi, dal marketing all’economia fino al management, ed è tutt’oggi uno dei modelli più noti sul tema della motivazione degli individui.  

Ora che abbiamo definito che cos’è la piramide di Maslow, passiamo ad analizzarne i livelli. 

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I bisogni secondo Maslow: bisogni primari e secondari 

La teoria dei bisogni di Maslow si basa sull’individuazione di cinque livelli di bisogni, organizzati gerarchicamente a comprendere bisogni primari e secondari. 

Partendo dai bisogni alla base della piramide e salendo via via verso l’apice, la piramide di Maslow prevede: 

I bisogni fisiologici: 

I bisogni fisiologici come mangiare, dormire e bere, ma anche possedere dei vestiti ed un riparo, sono bisogni primari ed essenziali, indispensabili per garantire la sopravvivenza dell’individuo. 

La loro presenza alla base della piramide ne sottolinea l’urgenza. In effetti, i bisogni fisiologici sono i primi a dover essere soddisfatti perché sono totalizzanti. Una persona affamata, solo per fare un esempio, non potrà far altro che dedicare tutte le sue energie alla ricerca di cibo e non potrà nè fare nè pensare ad altro, spinto dall’istinto di sopravvivenza che rende del tutto accessorio qualsiasi altro bisogno. 

I bisogni fisiologici cessano d’esistere non appena realizzati ma è solo realizzandoli che l’individuo potrà provarne di nuovi. 

I bisogni di sicurezza: 

Nella teoria dei bisogni di Maslow, il secondo livello della piramide è occupato dai cosiddetti bisogni di sicurezza. Si tratta di tutti quei bisogni associati alla necessità di sentirsi protetti, tranquilli (liberi cioè da ansie e preoccupazioni) e in una posizione di stabilità intesa sia in termini economici sia in termini fisici. 

I bisogni di sicurezza, come quelli fisiologici, sono considerati primari. 

I bisogni di appartenenza: 

Il primo dei livelli dei bisogni secondari di Maslow è occupato dai bisogni di appartenenza, ovvero dal desiderio degli individui di sentirsi parte di un gruppo sociale, piccolo o grande che sia. 

L’appartenenza sociale, e la volontà di avere un posto nel mondo, è un’aspirazione condivisa che si basa sui sentimenti di affetto e amore. 

I bisogni di stima: 

Man mano che si sale di livello all’interno della scala di Maslow i bisogni diventano sempre più immateriali. I bisogni di stima, ovvero la volontà di sentirsi rispettati, approvati e riconosciuti, si trasformano in sentimenti di fiducia e di utilità se soddisfatti ma in caso contrario provocano danni all’autostima, originando un senso di inferiorità e abbandono. 

Di forme di stima, in realtà, ne esistono due: da un lato, la stima che proviene dagli altri, dall’altro la stima individuale (o, meglio, autostima), che si associa piuttosto ai sentimenti privati di indipendenza e fiducia in sé stessi. 

I bisogni di autorealizzazione: 

All’apice della piramide di Maslow, i bisogni di autorealizzazione hanno a che vedere con la possibilità per gli individui di realizzare appieno la propria identità a partire dalle proprie aspettative e potenzialità. Si tratta dell’ambizione di essere esattamente ciò che si vuole essere, sfruttando pienamente le proprie capacità. 

A differenza dei bisogni primari però, non esistono bisogni di autorealizzazione validi indiscriminatamente per tutti gli individui. Avere una famiglia e fare carriera, solo per fare degli esempi, sono entrambi possibili bisogni di autorealizzazione. Insomma, ogni individuo raggiunge l’autorealizzazione in modo diverso proprio perché ogni individuo punta ad obiettivi diversi. 

la scala dei bisogni di Maslow: infografica con i bisogni della piramide

Piramide di Maslow: le critiche 

Nel corso del tempo, la piramide di Maslow ha riscosso diverse critiche. 

Secondo questo modello, infatti, le spinte motivazionali che portano un individuo ad agire per soddisfare un certo bisogno dipendono espressamente ed esclusivamente da fattori interni e nulla hanno a che fare con l’ambiente esterno. 

Oltre a questo, le critiche si sono rivolte all’esclusività del modello di Maslow che nega gli individui possano essere guidati contemporaneamente da più bisogni, anche se con intensità diversa, e la possibilità che un individuo possa saltare un livello della scala gerarchica. 

Il ruolo della motivazione 

La motivazione è l’insieme dei fattori che influenzano il comportamento dell’individuo portandolo cioè ad agire per il raggiungimento di un preciso scopo. 

Insomma, quando l’individuo percepisce un bisogno, ovvero un divario tra la condizione attuale e quella desiderata, nasce la spinta motivazionale che porta l’individuo all’azione con l’obiettivo di trovare soluzione allo stato di insoddisfazione e soddisfare il proprio bisogno. 

Alla base della motivazione troviamo due elementi chiave: 

  • Ciò che l’individuo sa fare, ovvero le sue competenze 
  • Ciò che l’individuo vuol fare, ovvero i suoi valori. 

A cosa serve la piramide di Maslow…in azienda? 

Uno dei settori in cui la scala dei bisogni di Maslow ha trovato applicazione è quello aziendale. 

A cosa serve, quindi, la piramide di Maslow in azienda? 

In realtà, la scala dei bisogni aiuta le aziende a capire come trattenere i propri talenti. Quel che insegna, infatti, è che sono i bisogni dei dipendenti a dover guidare lo stile di management e la definizione degli obiettivi e dei benefit. Solo così sarà possibile migliorare concretamente l’ambiente di lavoro, le performance e la motivazione dei dipendenti. 

Facciamo degli esempi: 

  • per i bisogni fisiologici sarà necessario, ad esempio, fissare orari e carichi di lavoro sostenibili; 
  • per i bisogni di sicurezza servirà garantire ambienti di lavoro, fisici e digitali, che tutelano le persone e garantiscono massima sicurezza (anche in termini GDPR quado si tratta di strumenti digitali); 
  • per i bisogni di stima sarà utile assicurare ai dipendenti il giusto apprezzamento e riconoscimento; 
  • per i bisogni di appartenenza sarà necessario fornire ai dipendenti degli strumenti grazie ai quali poter far sentire la propria voce, per favorire il coinvolgimento e la collaborazione; 
  • per i bisogni di autorealizzazione servirà permettere alle persone di realizzare appieno il proprio potenziale, gestendo al meglio gli inevitabili conflitti (ne abbiamo scritto qui) e incentivando il work-life balance. 

Insomma, applicando la scala di Maslow alla realtà azienda, diventa chiaro che è solo soddisfacendo i bisogni primari e secondari dei propri dipendenti che un’azienda può raggiungere il benessere organizzativo ed evitare così la fuga dei talenti. 

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Gli errori da evitare nella gestione dei dipendenti 

L’esperienza ci ha insegnato che, spesso inconsciamente, le aziende soffocano la motivazione dei dipendenti. Ecco alcuni degli errori da evitare: 

  • Fornire ricompense inadeguate: il salario è solo una piccola parte all’interno della complessa relazione dipendente-azienda. Tuttavia, ricompense inadeguate spingono le persone ad abbandonare il lavoro per cercare alternative migliori; 
  • Sottovalutare l’importanza degli ambienti di lavoro: sia che si tratti di ambienti fisici sia che si tratti di ambienti digitali, lo spazio di lavoro assume una rilevanza cruciale nello spronare (o spegnere) la motivazione dei dipendenti. Uno spazio non curato, non intuitivo e non “a misura d’uomo” rischia infatti di impattare negativamente sulla produttività dei singoli; 
  • Non offrire occasioni di crescita: è stato da tempo dimostrato che lasciare ai dipendenti dello spazio per dedicarsi a progetti esterni accresce notevolmente la creatività, la produttività e le capacità d’innovazione dell’azienda. È importante infatti garantire ai propri dipendenti stimoli costanti, magari organizzando interessanti corsi di formazione; 
  • Riservare poca importanza alla collaborazione: ogni dipendente deve sentirsi parte integrante di un gruppo interessato ad ascoltare e accogliere opinioni e idee. Poter esprimere la propria voce, infatti, incide sull’autostima e sulla motivazione. Veicolare dei questionari può essere la soluzione ideale per permettere ai singoli di sentirsi coinvolti, apprezzati ed ascoltati ed evitare così che possa diffondersi negatività in azienda; 
  • Comunicare gli obiettivi in modo confuso: non c’è nulla di meno motivante del lavoro che sembra non avere senso ed essere semplicemente una perdita di tempo. Ecco perché fissare degli obiettivi e delle priorità chiare è l’unico modo per aiutare i dipendenti ad avere una visione precisa della situazione di partenza, dei passi da compiere e delle tempistiche da rispettare per raggiungere gli obiettivi; 
  • Adottare la microgestione: per quanto sia importante guidare i dipendenti, è altrettanto importante lasciar loro libertà d’azione. Costringendo le persone a rigidi controlli (o ad attività troppo inutilmente inquadrate), limita la creatività e la motivazione; 
  • Fissare numerose riunioni: la diffusione dello smart working e del telelavoro, e nel complesso la gestione del lavoro da remoto, ha avuto quale conseguenza diretta un incredibile aumento di riunioni d’allineamento. Lungi dall’essere un problema legato esclusivamente al lavoro da remoto, per mantenere alta la motivazione dei dipendenti è necessario evitare l’organizzazione di riunioni improduttive a cui non si associa una precisa agenda. 

Questo articolo è stato scritto da

Manuele CeschiaCEO di MyNet. Laureato in Economia e da sempre impegnato nel settore del marketing, della comunicazione e dell’organizzazione di eventi, si occupa dello sviluppo del progetto MyNet supportando il lavoro di tutti i team. Collabora con Università e Centri di formazione per condividere la sua esperienza professionale.

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