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people analytics: responsabile HR, di spalle, che analizza grafici e statistiche sul personale

Ottimizzare i processi HR grazie alla People Analytics

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In Italia, diverse sfide stanno segnando il modo in cui le aziende gestiscono le proprie risorse umane: turnover elevato, difficoltà nel reperire competenze digitali, pressione su costi e produttività, aspettative crescenti sul benessere dei collaboratori. Ecco, quindi, che basare le decisioni in materia HR su pure intuizioni personali o prassi (più o meno consolidate) non è più una strada praticabile. Servono dati, percezione reale del “sentire” dei dipendenti e strumenti che permettano di vedere cosa succede ora e cosa potrebbe succedere domani.
In breve, serve familiarizzare con la People Analytics, ovvero l’insieme di metodi, processi e strumenti che permettono di raccogliere, analizzare e interpretare dati relativi alle persone in azienda, dalle performance al coinvolgimento passando per presenza, sviluppo, soddisfazione, e molto altro. E questo, non per il puro piacere di misurare e raccogliere dati, ma per capire e trasformare le metriche in insight utili per orientare decisioni HR più efficaci, intervenire prima che i problemi diventino visibili e migliorare tanto l’esperienza dei collaboratori quanto la coerenza operativa dell’organizzazione.

Proprio questa, d’altronde, è già la direzione intrapresa da quasi il 60% delle aziende medio-grandi, che dichiarano infatti di aver già implementato elementi di People Analytics, con oltre l’80% a considerarla oggi una vera e propria priorità strategica (fonte: innovami.news). E i risultati parlano chiaro: decisioni più rapide e fondate, maggior produttività e migliore retention dei talenti.

Cos’è la People Analytics: una definizione

La People Analytics è un approccio che permette di dare valore ai dati legati alla vita organizzativa. Come anticipato in apertura, si tratta di un approccio strutturato fatto di strumenti, tecniche e pratiche che hanno lo scopo di aiutare il reparto HR a raccogliere, analizzare e interpretare i dati legati alle persone in azienda. Attraverso indicatori come presenze, performance, livello di engagement, percorsi di sviluppo o grado di soddisfazione, rende possibile cogliere segnali nascosti e mettere in relazione i fenomeni trasformando una mole disomogenea e potenzialmente enorme di dati in insight utili e azionabili.

Il punto di forza della People Analytics sta infatti proprio nella capacità di far parlare i numeri: dati e metriche diventano chiavi di lettura per supportare scelte concrete e strategiche che possono guidare la pianificazione delle competenze, l’organizzazione del lavoro, il benessere e la crescita dei collaboratori, solo per citarne alcuni.

Oggi, adottare la People Analytics significa perciò scegliere un modello in cui sensibilità HR ed evidenza quantitativa si sostengono a vicenda, consentendo di prendere decisioni più consapevoli, ridurre l’improvvisazione e costruire processi solidi nel tempo.

Persone disegnate a mano che analizzano grafici

Come funziona la People Analytics: i 4 livelli di analisi

La People Analytics cresce passo dopo passo, proprio come le competenze di un team che si evolve nel tempo. Ogni livello di analisi ha un obiettivo diverso: si parte dal raccontare quello che sta accadendo in azienda, si passa a capire le cause, e si arriva fino a modelli capaci di immaginare scenari futuri e suggerire le azioni più efficaci.

È un percorso che passo dopo passo rende l’uso dei dati sempre più maturo e consapevole: dall’osservazione di base, fino a un supporto strategico che aiuta l’HR a prendere decisioni con maggiore sicurezza e sensibilità.

I quattro livelli che lo compongono — descrittivo, diagnostico, predittivo e prescrittivo — sono proprio le tappe di questo viaggio: ognuna aggiunge un tassello prezioso alla comprensione delle persone in azienda.

L’analisi descrittiva

L’analisi descrittiva, il primo passo della People Analytics, racconta in modo chiaro che cosa sta accadendo in azienda in un determinato momento. Attraverso la raccolta e la visualizzazione dei dati, offre una fotografia immediata della realtà organizzativa.

Esempi tipici sono i report sulle presenze, le performance registrate, i livelli di engagement o i tassi di turnover. Una volta ordinati e messi a sistema, questi dati permettono all’HR di avere una base oggettiva da cui partire. In questo modo, fenomeni che spesso vengono percepiti solo “a sensazione” trovano una conferma concreta nei numeri.

L’analisi descrittiva, naturalmente, non dà ancora risposte sul perché, ma pone le fondamenta per tutto ciò che segue. È il livello che consente all’azienda di prendere coscienza del presente sapendo davvero cosa accade, riconoscendo i trend e apprendendo un linguaggio comune su cui basare le conversazioni interne. Senza questo primo passo, i livelli successivi non potrebbero esistere.

L’analisi diagnostica

Se l’analisi descrittiva fotografa la situazione, l’analisi diagnostica cerca di spiegarne le cause. È il livello in cui i dati iniziano a parlare davvero, aiutando l’HR a capire perché si verificano certi fenomeni all’interno dell’organizzazione.

Attraverso confronti, correlazioni e incroci di informazioni, diventa possibile identificare i fattori che influenzano il turnover, individuare i reparti con cali di produttività o capire come variabili come formazione e motivazione incidano sui risultati. Per esempio, un aumento delle dimissioni può essere collegato a un calo di engagement rilevato nei sondaggi interni, oppure a una gestione poco strutturata dei percorsi di crescita.

Questo livello aggiunge profondità alla lettura dei dati e consente di spostarsi dall’intuizione alla comprensione. Significa avere strumenti che spiegano non solo “cosa sta succedendo”, ma anche perché succede, offrendo una base solida per valutare dove intervenire.

L’analisi predittiva

Con l’analisi predittiva la People Analytics fa un passo ulteriore: dai dati storici e attuali ricava scenari futuri. Attraverso modelli statistici e algoritmi di machine learning, questo livello consente di stimare la probabilità che certi fenomeni si ripetano o si intensifichino.

Per esempio, un’azienda può individuare quali team sono più esposti al rischio di turnover, prevedere i periodi dell’anno in cui aumenta l’assenteismo oppure stimare in anticipo il fabbisogno di competenze per un nuovo progetto.

L’analisi predittiva diventa così uno strumento di pianificazione che permette di programmare strategie di retention più efficaci, pianificare percorsi formativi prima che emergano lacune e allocare risorse in modo più intelligente. È il livello in cui i dati non si limitano più a spiegare ciò che è accaduto, ma aprono finestre su ciò che potrebbe accadere.

L’analisi prescrittiva

L’analisi prescrittiva rappresenta il punto più avanzato della People Analytics perché non si limita ad anticipare cosa potrebbe accadere, ma propone le azioni più efficaci da mettere in campo.

Grazie a modelli complessi e simulazioni, questo livello permette di valutare diverse opzioni e di capire quali interventi possono produrre i risultati migliori. Ad esempio, di fronte a un rischio di aumento del turnover, l’analisi prescrittiva può suggerire se puntare su un piano di welfare mirato, su percorsi di crescita più strutturati o su un adeguamento retributivo.

Il suo valore sta proprio nella capacità di trasformare i dati in raccomandazioni operative, così da tradurre scenari e probabilità in piani d’azione concreti, che guidano l’HR nelle scelte quotidiane. In questo modo i dati smettono di essere uno strumento di sola osservazione e diventano un vero alleato strategico, capace di orientare decisioni complesse con maggiore sicurezza.

Ambiti pratici di applicazione della People Analytics

La People Analytics esprime davvero il suo potenziale quando smette di essere un concetto astratto e diventa strumento quotidiano nei processi HR. Gli ambiti di applicazione sono diversi, e ciascuno porta benefici specifici che vanno dal miglioramento delle performance alla cura della relazione con i collaboratori. Ecco alcuni dei più significativi:

  • Recruiting, selezione e onboarding: attraverso l’analisi dei dati, le aziende possono migliorare l’intero ciclo di acquisizione dei talenti. I modelli di People Analytics aiutano a capire quali canali di ricerca funzionano meglio, a prevedere quali candidati hanno maggiore probabilità di successo e a ridurre i tempi di assunzione. Una volta entrati in azienda, i nuovi collaboratori possono essere seguiti con dati che monitorano il percorso di onboarding, misurando il livello di integrazione e il tempo necessario per raggiungere la piena produttività.
  • Performance management e sviluppo delle competenze: i dati raccolti permettono di individuare con precisione i gap di competenze, riconoscere i punti di forza e pianificare percorsi di crescita personalizzati. In questo modo la People Analytics non si limita a supportare la valutazione delle performance, ma diventa un alleato nella costruzione di piani formativi mirati e nell’allineare le capacità del team agli obiettivi strategici dell’azienda. Per i manager significa poter contare su informazioni affidabili per valorizzare le persone e per distribuire al meglio le responsabilità.
  • Employee experience, engagement, benessere e retention: attraverso survey, dati di utilizzo degli strumenti digitali o indicatori di clima, la People Analytics aiuta a misurare il grado di coinvolgimento, la soddisfazione e persino i segnali di stress dei collaboratori. L’HR può così comprendere quali fattori incidono di più sul benessere e sulla motivazione, attivare politiche di welfare mirate e progettare iniziative che rafforzano il senso di appartenenza. I dati diventano la bussola per ridurre il rischio di turnover e trattenere i talenti più preziosi.

Benefici reali per le imprese che adottano People Analytics

Adottare la People Analytics significa portare i dati al centro dei processi HR, con impatti che si riflettono sull’intera organizzazione. Ricerche recenti mostrano che in Italia il 96% delle aziende che ha introdotto strumenti di People Analytics ha migliorato i processi decisionali, mentre il 91% ha registrato un incremento della produttività e il 77% ha rafforzato la retention dei talenti (fonte: innovami.news). Ma al di là dei numeri, i benefici si possono osservare in molti ambiti:

  • Decisioni più rapide e consapevoli: con una base oggettiva su cui ragionare, le scelte HR diventano più veloci, più sicure e condivise, riducendo conflitti e incertezze.
  • Ottimizzazione delle risorse: la lettura dei dati permette di allocare meglio persone e budget, riducendo sprechi e duplicazioni, e indirizzando gli investimenti dove servono davvero.
  • Maggiore produttività e performance: collegare competenze, obiettivi e risultati consente di valorizzare i talenti e creare team più equilibrati, con un impatto diretto sulla produttività complessiva.
  • Riduzione del turnover e retention più forte: individuare i segnali precoci di malessere o disingaggio aiuta a intervenire prima che si trasformino in burnout o dimissioni, con risparmi notevoli sui costi di sostituzione e formazione.
  • Employee experience e benessere più curati: analizzare il grado di engagement e le esigenze dei collaboratori consente di progettare politiche di welfare e iniziative HR più mirate, rafforzando il senso di appartenenza.
  • Allineamento con la strategia aziendale: integrare dati HR e obiettivi di business significa far lavorare insieme persone e strategia, evitando il rischio che i processi HR restino isolati dal resto dell’organizzazione.

responsabile HR che consulta una dashboard relativa i collaboratori

Sfide, ostacoli e aspetti critici

Integrare la People Analytics all’interno dei processi aziendali non è un passaggio immediato. Le imprese che intraprendono questo percorso si trovano spesso a dover bilanciare opportunità e responsabilità: raccogliere dati sulle persone significa muoversi in un terreno che tocca la privacy, la trasparenza e persino l’etica delle decisioni. È un equilibrio delicato, che richiede regole chiare e un utilizzo consapevole, capace di garantire fiducia ai collaboratori.

Accanto a questi aspetti, emergono sfide di natura più tecnica. I dati HR, spesso sparsi in sistemi diversi, devono essere messi in dialogo e resi affidabili, perché senza qualità e coerenza, qualunque analisi rischia di perdere di senso. Non è quindi solo questione di avere grandi quantità di informazioni, ma di poter contare su dati realmente utilizzabili.

C’è infine una dimensione culturale che non può essere trascurata. La People Analytics richiede nuove competenze, formazione e un cambiamento nel modo di pensare. Solo quando il dato viene visto come un alleato — e non come un vincolo — può davvero diventare parte integrante della gestione HR.

Ma è proprio in questo intreccio di aspetti normativi, tecnici e culturali che si gioca la sfida più grande: trasformare la People Analytics da promessa astratta a leva concreta, capace di generare valore reale per le persone e per l’organizzazione.

Guida pratica su come impostare con una strategia efficace di People Analytics

Dopo aver scoperto opportunità e criticità, resta la domanda più concreta: come si comincia davvero? La People Analytics richiede un percorso graduale, fatto di scelte consapevoli e di piccoli passi che costruiscono fiducia e competenza.

Una strategia efficace parte da obiettivi chiari, si consolida con un progetto pilota ben disegnato e trova forza negli strumenti giusti per raccogliere e interpretare i dati. Tre passaggi fondamentali che permettono di trasformare l’idea in pratica, senza sovraccaricare l’organizzazione e mantenendo sempre il focus sul valore per le persone e per l’impresa.

Definisci obiettivi chiari e KPI che contano

Il primo passo è chiarirti bene quali sfide HR vuoi affrontare. Vuoi ridurre il turnover? Migliorare l’engagement? Accorciare i tempi di recruiting? Ogni obiettivo merita la sua attenzione e richiede indicatori specifici.

Evita di raccogliere dati “per accumulo”: rischi di ritrovarti con informazioni che non ti servono. Scegli invece pochi KPI che davvero contano. Può trattarsi, ad esempio, del tasso di retention, del livello di partecipazione ai programmi di formazione o del tempo medio di assunzione. Indicatori semplici da leggere, ma che ti offrono subito una base solida su cui prendere decisioni.

Definire obiettivi e KPI significa dare una direzione ai tuoi dati. In questo modo non restano numeri astratti, ma diventano uno strumento per guidare le tue scelte quotidiane con maggiore sicurezza.

Avvia un progetto pilota con risorse contenute

Non serve partire in grande stile per introdurre la People Analytics: al contrario, il modo migliore è avviare un progetto pilota circoscritto, che ti permetta di testare metodi e strumenti senza sovraccaricare l’organizzazione.

Scegli un ambito limitato ma significativo, come il recruiting di una specifica posizione o la misurazione dell’engagement in un singolo reparto. In questo modo avrai dati gestibili, potrai osservare i primi risultati in tempi rapidi e coinvolgere i manager direttamente interessati.

Un progetto pilota ben progettato ti aiuta a capire quali fonti di dati sono davvero utili, quali strumenti funzionano meglio e come comunicare i risultati all’interno dell’azienda. Ma soprattutto, ti permette di creare fiducia: mostrare con esempi concreti il valore della People Analytics è il passo più efficace per ottenere il supporto necessario a scalare l’iniziativa.

Scegli strumenti e visualizzazioni efficaci

Quando inizi a lavorare con la People Analytics, gli strumenti fanno la differenza. Non ti servono soluzioni complesse o costose fin dall’inizio. Cerca piuttosto piattaforme che siano facili da integrare con i sistemi HR che già utilizzi e che ti permettano di raccogliere i dati in modo fluido.

Altrettanto importante è la visualizzazione. Grafici chiari, dashboard intuitive e report comprensibili sono ciò che trasforma i numeri in insight condivisibili. Ricorda: se i dati restano confinati in tabelle incomprensibili, perdono gran parte del loro valore.

Uno strumento davvero utile non è quello con più funzionalità, ma quello che ti consente di leggere e comunicare i risultati in modo semplice. Perché la vera sfida non è solo avere i dati, ma far sì che diventino patrimonio condiviso tra HR, manager e direzione.

Conclusione

Secondo il Talent trends report 2025 di Randstad, le priorità espresse dai leader HR italiani parlano chiaro: il 92% vede nella retention la sfida più urgente, il 70% investirà in formazione sui dati e il 34% già utilizza Intelligenza Artificiale (AI) e big data per limitare i bias nei processi interni. Tutti questi obiettivi hanno un denominatore comune: richiedono dati affidabili, interpretati con metodo.

Ed è qui che la People Analytics diventa indispensabile. Solo attraverso strumenti capaci di raccogliere e leggere in profondità le informazioni legate alle persone è possibile affrontare la sfida della retention, progettare percorsi di reskilling mirati e garantire decisioni più eque.

Ma anche gli strumenti che le persone usano ogni giorno in azienda possono contribuire a questo cambiamento. Con App MyNet, ad esempio, i processi HR come comunicazioni interne, onboarding, sondaggi o gestione dei workflow approvativi vengono digitalizzati e resi tracciabili. Attività che non solo semplificano il lavoro quotidiano, ma che generano dati preziosi: una base concreta su cui costruire scelte più consapevoli e strategie di lungo periodo. Contattaci per scoprire come App MyNet può semplificare i tuoi processi HR quotidiani e trasformarli in un patrimonio di dati utili alla crescita della tua azienda.

Questo articolo è stato scritto da

Federico CarducciCTO di MyNet. La sua passione per la tecnologia lo fa approdare, nel 2013, in Advantage Italia, una delle prime realtà italiane ad occuparsi di campagne di advertising sui social. Gestisce ora in prima persona i rapporti con le aziende e cura la progettazione e lo sviluppo della piattaforma MyNet.

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