Una panoramica sul congedo matrimoniale: ecco quanto durata e qual è il preavviso previsto per legge
In Italia, quello compreso tra marzo e giugno rappresenta storicamente il periodo ideale per i matrimoni. Maggio in particolare, complice lo sbocciare dei fiori e le temperature piacevoli, rappresenta per molti il mese per eccellenza per celebrare l’unione tra persone che si amano.
Le coppie che si sposano e formano un’unione civile hanno diritto, per legge, al congedo matrimoniale, un periodo cioè di assenza dal lavoro da dedicare alle nozze e all’eventuale luna di miele. Il congedo matrimoniale garantisce la stessa retribuzione dei giorni lavorativi e la sua durata viene definita dai vari Contratti Collettivi. A pagare il congedo (spesso chiamato anche licenza matrimoniale o permesso matrimoniale) è lo stesso datore di lavoro o, in alcuni casi specifici, l’INPS.
Naturalmente, per poter usufruire del congedo di matrimonio i lavoratori devono presentare domanda entro i tempi stabiliti all’ufficio aziendale competente.
Partiamo però dalle basi: cos’è il congedo matrimoniale, chi ne ha diritto e entro quando deve essere usufruita la licenza matrimoniale?
Cos’è e come funziona il congedo matrimoniale
Il concedo matrimoniale è un diritto che si applica a quei lavoratori dipendenti che si uniscono in matrimonio avente validità civile. Consiste, di fatto, nel permesso di assentarsi dal lavoro per un periodo di tempo generalmente di 15 giorni di calendario pur mantenendo la normale retribuzione e senza perdere giorni di ferie.
Il matrimonio, lo ripetiamo, deve avere validità civile. Questo significa che il congedo spetta esclusivamente a coloro che si sposano in Comune o abbiano optato per una cerimonia religiosa che viene registrata anche negli atti civili (matrimonio concordatario).
Questo permesso dal lavoro ha l’obiettivo di garantire alla coppia la libertà di poter sfruttare a proprio piacimento quelle che spesso vengono definite anche “ferie per matrimonio”, per godersi insomma la luna di miele o, in ogni caso, riposare lontana dall’ufficio.
Ad oggi, tutti i CCNL prevedono il congedo matrimoniale, a prescindere dal ruolo e dalla posizione del lavoratore sebbene le caratteristiche di questo permesso possano variare a seconda dei differenti rapporti di lavoro.
La licenza matrimoniale secondo la legge italiana
Per ciò che concerne la legge, il congedo matrimoniale è entrato nell’ordinamento italiano nel 1937, sebbene il permesso di matrimonio fosse inizialmente previsto solo per gli impiegati. È infatti nel corso della Seconda guerra mondiale, più precisamente nel 1941, che un accordo interconfederale ne ha garantito l’estensione anche agli operai.
Ad oggi, a trattare la materia è anche la Legge 76/2016 (nota anche come “legge Cirinnà”) che regola le unioni civili. Qui, nell’art.1, viene infatti riconosciuto il diritto al permesso matrimoniale anche a persone dello stesso sesso che si uniscono in unione civile.
Insomma, secondo la legge, qualsiasi forma di unione con validità civile da diritto, da parte della coppia, alla fruizione del congedo matrimoniale.
È bene poi sottolineare che la licenza matrimoniale deve essere concessa ai lavoratori dipendenti assunti da almeno una settimana, anche in caso di seconde nozze.
A chi spetta il congedo matrimoniale
Come abbiamo visto, insomma, il congedo matrimoniale è un periodo di assenza dal lavoro di 15 giorni di calendario a cui hanno diritto i lavoratori che si uniscono in matrimonio con validità civile, anche nel caso di seconde nozze. Questa licenza comprende giorni lavorativi e festivi e non intacca le ferie annuali maturate né la retribuzione.
Ma a chi spetta il congedo matrimoniale?
Il congedo è riconosciuto per legge a operai, apprendisti, marittimi di bassa forza, lavoratori a domicilio e dipendenti di aziende industriali, artigiane e cooperative.
Tuttavia, non viene concessa se:
- Il rapporto di lavoro è iniziato da meno di una settimana;
- Il lavoratore è ancora in prova;
- Il matrimonio è esclusivamente religioso e non ha validità civile;
- Il lavoratore non ha residenza in Italia.
E che cosa si può dire, invece, a proposito delle licenze matrimoniali per disoccupati e lavoratori con contratto a tempo determinato?
I lavoratori a tempo determinato possono accedere al beneficio solo nel caso in cui il matrimonio rientri entro il termine del contratto mentre, per i disoccupati, il fattore discriminante coincide con il periodo precedente il matrimonio. Infatti, per i disoccupati l’accesso al congedo è concesso a patto di dimostrare di aver lavorato almeno 15 giorni nei 90 giorni precedenti il matrimonio.
Discorso a parte meritano i liberi professionisti: chi ha partita IVA, infatti, non ha diritto al congedo matrimoniale non avendo un direttore datore di lavoro.
Congedo matrimoniale: quanti giorni?
Una delle curiosità più frequenti condivise dai futuri sposi alle prese con gli aspetti burocratici delle nozze è proprio la durata del congedo matrimoniale. Quanti giorni comprende?
In linea generale, per quanto sia opportuno consultare sempre lo specifico CCNL di riferimento, il congedo matrimoniale può essere usufruito a partire da 3 giorni antecedenti alle nozze. La licenza prevede un permesso di 15 giorni di calendario ad includere le festività e i giorni non lavorativi che vi rientrano. Si tratta, ben intesi, di 15 giorni consecutivi che non possono essere frazionati in periodi diversi.
In realtà, tuttavia, il congedo matrimoniale non deve per forza coincidere con il periodo delle nozze. Spetta in fatti al lavoratore decidere quando usufruire di questo beneficio purché questo accada entro i 30 giorni successivi alla data del matrimonio.
Ma è possibile far seguire al periodo di congedo matrimoniale qualche giorno di ferie così da prolungare il periodo di assenza dal lavoro? Sì, il lavoratore ha diritto ad agganciare al proprio permesso di matrimonio le ferie. In effetti, il congedo non influenza le ferie maturate ed è quindi diritto del lavoratore chiederle quando lo ritiene più opportuno. Naturalmente, starà al datore di lavoro dare il consenso.
Quando si parla di rapporti di lavoro è necessario tener presente il concetto di “miglior favore”. Un’azienda che appoggia i propri dipendenti, creando con loro una relazione di fiducia e rispetto reciproco, sa che il benessere delle persone è un fattore chiave del successo del business. Il concetto di miglior favore, in poche parole, sottolinea la possibilità sempre aperta, per il datore di lavoro, di offrire ai lavoratori delle condizioni migliori rispetto a quelle stabilite per legge. Ad esempio, il datore di lavoro può decidere, laddove il lavoratore ne abbia necessità, di concedere il congedo matrimoniale anche in momenti differenti.
Come funziona la richiesta di congedo matrimoniale: i doveri dei lavoratori
Per fruire del congedo per matrimonio il lavoratore deve farne richiesta scritta al datore di lavoro presentando la domanda all’ufficio competente, generalmente quello HR.
Per quanto riguarda il preavviso, la legge impone che la notifica debba avvenire almeno 6 giorni prima del periodo di congedo, ovvero almeno 10 giorni prima della data del matrimonio.
6 giorni, le aziende lo sanno, non sono di certo un lungo tempo per poter organizzare al meglio il lavoro durante l’assenza di un dipendente. Proprio per questo, si consiglia sempre ai lavoratori di prendersi per tempo e notificare il congedo matrimoniale quanto prima. Questo ha in realtà una duplice utilità: da un lato, offre all’azienda il tempo necessario per individuare sostituti o rivedere le scadenze dei progetti in corso o in partenza; dall’altro, garantisce al dipendente la certezza di evitare imprevisti e potersi così dedicare senza ulteriori stress all’organizzazione del matrimonio.
Per i lavoratori è poi d’obbligo presentare al datore di lavoro il certificato di matrimonio entro 60 giorni dal rientro del congedo.
Chi paga il congedo matrimoniale?
I lavoratori, durante il periodo di licenza matrimoniale, hanno diritto alla piena retribuzione, ovvero a ricevere lo stesso stipendio che percepirebbero svolgendo la propria attività lavorativa.
In linea generale, il pagamento del congedo matrimoniale spetta al datore di lavoro, nel caso di normali dipendenti di un’azienda privata.
Diversa, invece, la modalità di versamento del compenso per gli operai e per i dipendenti di aziende industriali, artigiane e cooperative.
In questo secondo caso, infatti, il congedo viene in parte retribuito mediante l’assegno per congedo matrimoniale dell’INPS che copre 7 giorni e che sarà poi il datore di lavoro ad integrare per i giorni restanti fino a coprire tutti e 15 i giorni di durata delle ferie matrimoniali.
Come funziona l’assegno INPS per licenza matrimoniale
Facendo riferimento al sito dell’INPS, possiamo osservare che l’assegno per congedo matrimoniale INPS viene applicato a operai, apprendisti, lavoratori a domicilio, marittimi di bassa forza e a dipendenti di azienda industriali, artigiane, cooperative che:
- Contraggono un’unione civile;
- Sono regolarmente assunti da almeno una settimana dal congedo;
- Fruiscono del congedo entro i 30 giorni dalla celebrazione delle nozze;
- Pur disoccupati, possano dimostrare di aver lavorato almeno 15 giorni durante i 90 giorni precedenti le nozze;
- Non sono in servizio per malattia, sospensione del lavoro, richiamo alle armi, fermo restando l’esistenza del rapporto di lavoro.
Insomma, continua il testo sul sito dell’INPS, l’assegno spetta ai richiedenti che non siano dipendenti di:
- Aziende industriali, artigiane, cooperative e della lavorazione del tabacco con qualifica di impiegati, apprendisti impiegati e dirigenti;
- Aziende agricole;
- Commercio, credito e assicurazioni;
- Enti locali e statali;
- Aziende che non versano il relativo contributo alla CUAF, Cassa Unica Assegni Familiari.
Per poter accedere all’assegno per congedo matrimoniale, i lavoratori devono presentare domanda entro un anno dal matrimonio. Dal 23 maggio 2022 è possibile farlo direttamente online in modalità telematica.
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