Cos’è il micromanaging e come riconoscere quando diventa dannoso per il team
Nel panorama delle dinamiche manageriali, poche pratiche risultano tanto dannose e demotivanti per il team quanto il micromanaging. La verità è che questo modo di microgestire i dipendenti può infiltrarsi in qualsiasi ambiente lavorativo o cultura organizzativa, minando profondamente la produttività, la fiducia e persino la salute delle persone coinvolte.
Con micromanaging si intende la tendenza dei manager di esercitare un eccessivo controllo sui propri sottoposti, monitorandone costantemente ogni attività (e ignorando il principio fondamentale della fiducia e dell’autonomia). Invece di fornire sostegno e orientamento e di favorire l’empowerment dei singoli, i micromanager creano insomma un clima tossico che soffoca la creatività e la motivazione dei dipendenti.
Secondo una ricerca condotta su LinkedIn, il 79% dei lavoratori ha dichiarato di essere stato vittima di questo tipo di gestione e controllo oppressivo almeno una volta nel corso della propria carriera. E questo dato non è di certo tra i migliori, considerato che diversi studi hanno da tempo dimostrato la diretta correlazione tra il micromanaging e la diminuzione delle performance dei singoli da un lato e l’aumento del tasso di assenteismo e del turnover del personale dall’altro.
Cos’è il micromanaging
Il micromanaging (anche noto come micromanagement o microgestione), è un termine dalla connotazione negativa che si riferisce a uno stile di gestione caratterizzato da un eccessivo controllo esercitato dal manager sui sottoposti.
Secondo la definizione di Gartner, il micromanagement è un modello comportamentale-manageriale che si contraddistingue per una supervisione e un controllo esagerato sul lavoro e sui processi dei dipendenti, nonché da una limitata delega di compiti o decisioni al personale. I micromanager, infatti, mostrano la tendenza a non concedere autonomia ai propri collaboratori, monitorando costantemente le loro attività ed evitando di concedere potere decisionale.
Il micromanaging si manifesta insomma quando i manager sentono la necessità di controllare con ossessione tutti gli aspetti del lavoro e le decisioni dei propri dipendenti, in misura superiore a quanto sarebbe necessario o persino salutare ai fini di un buon rapporto di lavoro. Ad esempio, potrebbero richiedere di essere messi in copia in tutte le e-mail inviate dai dipendenti o di ricevere un elenco dettagliato delle attività svolte da ciascun membro del team.
Come abbiamo già evidenziato in questo articolo, esistono numerosi stili di leadership e approcci alla gestione del personale, come la leadership consapevole o la leadership trasformazionale, ma nessuno di questi considera il micromanaging come un comportamento positivo. Come mai?
La buona leadership: perché evitare il micromanaging
La letteratura scientifica concorda nel riconoscere il micromanaging come una pratica inefficace e dannosa, sia per le persone coinvolte che per le organizzazioni.
Diverse ricerche accademiche hanno da tempo dimostrato, ad esempio, che il micromanaging sul luogo di lavoro impatta negativamente sulle performance dei dipendenti. Infatti, la microgestione tende generalmente a produrre insoddisfazione e mancanza di creatività tra le risorse umane, che si sentono costantemente monitorate e giudicate, e a dar vita ad un clima lavorativo ostile, in cui impera la mancanza di fiducia.
Come se non bastasse, altri studi hanno scoperto gli effetti deleteri del micromanaging sulla psicologia dei dipendenti, evidenziando come questi siano più inclini a stress e burnout quando sono sottoposti a un controllo eccessivo da parte dei superiori.
Insomma, il micromanaging porta con sé una serie di conseguenze negative e mina il rapporto tra leader e team. In particolare, tra le dirette conseguenze del micromanging troviamo:
- Eccesso di stress: le ricadute negative del micromanaging si riflettono sia sulla vita del manager che su quella dei dipendenti. Questo stile manageriale può infatti generare livelli estremi di ansia e stress lavorativo, rendendo difficile trattenere i talenti all’interno dell’azienda.
- Iper focalizzazione sui dettagli: concentrandosi esclusivamente sulla convalida di ogni minimo passo compiuto dai dipendenti, i micromanager tendono a perdere di vista il risultato finale e a trascurare il lato più umano ed empatico della leadership.
- Clima aziendale negativo: il micromanaging genera un clima lavorativo in cui i dipendenti si sentono oppressi e costantemente sorvegliati, oltre che poco creativi e terrorizzati dalla possibilità di commettere degli errori.
- Limitata crescita professionale: quando i manager praticano il micromanaging limitano le opportunità di crescita e sviluppo dei dipendenti, compromettendo la loro capacità di risolvere problemi in modo autonomo e minando la fiducia nel team.
Chiunque desideri essere un leader di fatto, e non solo di nome, deve comprendere che la leadership efficace si basa sull’empatia e sulla considerazione dei dipendenti come individui completi, con emozioni e desideri. Questo approccio che limita la microgestione a favore dell’empowerment è caratteristico della leadership femminile, che non a caso sta guadagnando sempre più riconoscimento nel mondo degli affari per la sua capacità di creare ambienti lavorativi più inclusivi e sostenibili.
Stai esercitando la microgestione? I 7 segnali per riconoscerlo
Riconoscere se stai esercitando il micromanaging può essere fondamentale per promuovere un ambiente lavorativo sano e produttivo. La differenza tra una leadership efficace e la microgestione risiede nella fiducia che si ripone nella propria squadra. Quando c’è fiducia, diventa naturalmente più semplice delegare decisioni e responsabilità, lasciando che i singoli gestiscano al meglio i propri compiti.
Se ti ritrovi a imporre un controllo eccessivo sulle attività del tuo team, potresti essere incappato nel micromanaging. Ecco 7 segnali che possono aiutarti a riconoscerlo:
- Credere di essere l’unica persona davvero capace: i manager che optano per il micromanaging spesso credono di essere i soli capaci di prendere decisioni efficaci, e proprio per questo non possono fare a meno di controllare ossessivamente ogni aspetto del lavoro del team.
- Perdersi nei dettagli: i micromanager tendono a soffermarsi sui dettagli di ogni singolo progetto, perdendo di vista l’obiettivo generale.
- Ogni compito richiede approvazione: i micromanager trovano impensabile concedere il controllo ai membri del proprio team. Ritenendosi gli unici in grado di prendere decisioni efficaci, costringono il team a richiedere approvazioni continue rallentando così le attività.
- Ossessione per gli aggiornamenti: riunioni, presentazioni e call di aggiornamento rubano tempo prezioso che il team potrebbe dedicare alla propria attività principale e limano il senso di self-empowerment, diffondendo tra i dipendenti la sensazione di dover costantemente giustificare il proprio lavoro.
- Difficoltà nel delegare: la mancanza di deleghe genera due problemi principali. Da un lato, i dipendenti perdono la fiducia nelle proprie capacità; dall’altro, il micromanager finisce per sovraccaricarsi di lavoro altrui, trascurando le proprie reali responsabilità.
- Necessità di essere inclusi in ogni email: questo denota la tipica paura dei micromanager di essere esclusi dal processo decisionale e un’ossessione nel voler controllare ogni comunicazione.
- Complicare eccessivamente le istruzioni: l’eccessiva attenzione ai dettagli porta molti micromanager a rendere estremamente complicati anche i progetti più semplici, generando istruzioni incomprensibili e minando la fiducia del team.
Riconoscere questi segnali può essere il primo passo verso la promozione di una leadership più efficace e la creazione di un ambiente lavorativo più sano e collaborativo.
Come evitare o rimediare al micromanaging
Per evitare o rimediare al micromanaging, i manager devono compiere due passaggi fondamentali: riconoscere di aver adottato un approccio di gestione problematico e comprenderne i rischi associati. Se temi di aver adottato la microgestione nei confronti del tuo team, ecco alcuni consigli per rimediare:
- Abbandona il perfezionismo: riconoscere che la perfezione non esiste ti renderà più facile liberarti del micromanaging. Esistono molteplici modi per svolgere un compito o un progetto, quindi anziché imporre al team il tuo standard di perfezione, dai loro il potere di sperimentare nuovi approcci e idee. Lascia che esplorino nuove strade, potrebbero sorprenderti!
- Comincia a delegare: in quanto manager, è tuo dovere conoscere e riconoscere le competenze dei membri del team e delegare i compiti in modo efficace. Concedi fiducia ai tuoi collaboratori e lascia che dimostrino le proprie capacità.
- Accetta il fallimento: il fallimento è una parte naturale del processo di apprendimento e può essere un’opportunità di crescita. Invece di biasimare il team per i fallimenti, incoraggiali a imparare dagli errori e a migliorare abbracciando il growth mindset.
- Concentrati sul tuo ruolo e sulle tue responsabilità: il compito del manager è quello di stabilire obiettivi chiari, misurare le prestazioni e fornire supporto quando necessario. Evita di soffocare il team con la microgestione e concentrati sulle attività che solo tu, come manager, puoi svolgere efficacemente.
- Cerca feedback e parla con il team: se vuoi costruire una relazione solida con la tua squadra, non temere di chiedere feedback, anche sul tuo stile di gestione. Chiedi a ciascun membro del team cosa pensa del tuo approccio e come vorrebbe essere gestito. Alcuni potrebbero apprezzare il tuo approccio micromanaging, mentre altri potrebbero desiderare maggiore autonomia. Ascolta le esigenze del tuo team e adatta il tuo approccio di conseguenza.
Esiste la sana microgestione?
Come abbiamo già visto parlando di stili di leadership, non esistono approcci gestionali corretti e approcci sbagliati. Fin qui abbiamo esplorato il lato negativo del micromanaging e le sue conseguenze dannose, ma è importante considerare che possono esistere circostanze in cui questo approccio può essere utilizzato in modo sano e costruttivo all’interno di un’organizzazione.
Ma quali sono queste situazioni speciali?
Primo tra tutti, i periodi di cambiamento strategico all’interno di un’azienda. Durante questi momenti, è normale che i manager intensifichino il monitoraggio delle attività, questo sia per valutare l’impatto dei cambiamenti sulla routine dei dipendenti sia per identificare aree in cui è ancora possibile apportare miglioramenti. In situazioni di questo tipo, insomma, la microgestione può essere l’approccio ideale per supervisionare le attività e garantire il successo della transizione.
Detto ciò, è importante che i manager agiscano con cautela e siano consapevoli dei rischi del micromanaging, specie se protratto a lungo nel tempo. In questa e altre situazioni in cui una maggior interferenza nel lavoro del team si fa necessaria, è utile trovare un giusto equilibrio tra la supervisione e l’autonomia, per garantire un ambiente di lavoro sano e produttivo.
Introdurre in azienda il giusto software HR
Sempre più aziende stanno adottando piattaforme HR per automatizzare tutti quei compiti manuali che, richiedendo tempo e risorse considerevoli, impediscono ai manager di dedicarsi a ciò che più conta: la crescita e lo sviluppo delle proprie risorse umane.
I sistemi di gestione delle risorse umane, come MyNet, sono diventati quindi una parte essenziale della gamma di strumenti aziendali, in quanto riducono i tempi e i costi delle pratiche amministrative e aiutano a migliorare di conseguenza la produttività e l’efficienza.
Ciò significa che i responsabili delle risorse umane e i loro team possono concentrarsi su iniziative di sviluppo personale che mettono in luce il meglio delle persone. E, in aggiunta, che ci sarà anche più tempo per aiutare i micromanager a ripensare i propri approcci e lavorare in modo più equo, etico ed efficace.
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