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architetto dell'apprendimento: architetto che progetta

Come funziona la formazione in azienda? Parliamone con un architetto dell’apprendimento

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Nel panorama sempre più competitivo del mondo aziendale, l’importanza della formazione continua è ormai evidente a tutti in quanto ingrediente imprescindibile per il successo, sia delle singole persone (che possono così aumentare la propria employability) sia delle organizzazioni nel loro complesso (che possono assicurarsi una maggior competitività sul mercato). Ecco perché da tempo ha preso piede l’introduzione in azienda di una nuova figura, quella dell’architetto dell’apprendimento, cui compito consiste proprio nell’ipotizzare percorsi di crescita e formazione sostenibile, pensata sia per supportare gli obiettivi di business che la motivazione e crescita dei singoli. Durante una puntata dei nostri Visionary HR Talks abbiamo deciso di parlarne con Michele Valerio, esperto Consulente di Direzione, con una grande passione per lo sviluppo delle persone e delle imprese. In qualità di Partner di Eupragma, un’azienda di consulenza con oltre un quarto di secolo di esperienza nel settore e composta da un team multidisciplinare di psicologi, esperti di economia, marketing e risorse umane, Michele si impegna a guidare individui, team e progetti attraverso le sfide e gli obiettivi di crescita delle aziende. Parallelamente, Michele è anche CEO e Founder di Viblio, una startup che si occupa di apprendimento e di quell’abilitatore dell’apprendimento che tanto promette di cambiare il nostro futuro: la tecnologia.

La formazione in azienda: come sta cambiando e quali sono le sfide

Secondo una ricerca di The Future of Work, il 40% delle imprese in Europa fatica a trovare persone dotate di skill adeguate da inserire nel proprio organico, mentre una più recente ricerca di Gartner, che indaga il contesto internazionale, ha evidenziato che per i top HR Director la sfida più grande sarà proprio lo sviluppo delle competenze chiave per il business.

Questi dati evidenziano che il vero cambiamento sta nel peso sempre più strategico che sta assumendo oggi l’apprendimento in azienda. Un peso, chiaramente, che sta portando la formazione a superare il perimetro degli HR e ad avere un ruolo di sempre maggior rilievo in termini di competitività, sia per le aziende che per le persone.

Le competenze “giuste” per il business

Ma se è vero che le imprese sognano lo sviluppo di competenze chiave per il business, quali sono queste competenze e, soprattutto, sono uguali per ogni realtà?

“A mio avviso”, ci ha raccontato Michele “ogni imprenditore, ogni HR Manager e ogni Manager all’interno dell’azienda dovrebbe porsi due domande fondamentali: che cos’è che fa la differenza per la proposta di valore che sto offrendo oggi? E cosa farà la differenza domani?”.

Il punto è, infatti, che ai business e alle persone oggi viene richiesta una capacità di adattamento ai cambiamenti mai vista prima. “Tanto che a fare la vera differenza non è quindi la competenza in sé, quanto la capacità di continuare ad apprendere continuamente nella consapevolezza che quel che si apprende oggi, domani potrebbe essere già superato”. Una verità, questa, ben nota da tempo a tutte le realtà imprenditoriali del settore tecnologico, costrette a confrontarsi con continue innovazioni che rendono necessario fare dell’apprendimento, e della curiosità, una costante. “Ma questo non valore solo per le competenze tecnologico digitali”, sottolinea Michele, “basti pensare agli enormi cambiamenti che stanno coinvolgendo i modelli di leadership, solo per fare un esempio”.

Oggi, le imprese si trovano spesso di fronte ad un dilemma: selezionare personale già dotato delle giuste skill (laddove si riesca a trovare), o scegliere persone che dimostrano una buona attitudine e aiutarle ad acquisire le skill all’interno dell’azienda? “Direi che sono corrette entrambe le soluzioni, ma a fare la differenza è quel che l’azienda desidera. Se l’obiettivo è acquisire personale con skill puramente tecniche in cui a fare la differenza è l’expertise, la prima soluzione è probabilmente la più adatta, ma la verità è che spesso le cose non stanno così. Spesso, infatti, l’azienda deve provare ad immaginare quel che la persona potrà offrire e fare a distanza di anni, quali competenze potrà apportare, quali qualità umane porta con sé. Il segreto sta nel concentrare l’attenzione non su quel che serve nell’immediato e basta, ma ciò che servirà nel tempo a venire”.

Una nuova alleanza tra aziende e dipendenti

Parlare di conoscenza, oggi, non significa parlare di un concetto astratto che parte dal tipico approccio scolastico in cui alla lezione segue il test o l’esame, per misurare quanto si è appreso. La conoscenza è sempre più capacità implementativa, qualcosa che è in grado di cambiare l’approccio dell’individuo al mondo, alle persone, ai progetti, alle attività, ai colleghi.

“Ecco perché aziende e persone devono iniziare a creare una nuova alleanza. Se l’azienda da un lato mette a disposizione le risorse e si impegna a stimolare i singoli, magari assegnando degli obiettivi e ragionando assieme sul percorso di sviluppo, le persone dall’altro lato devono fare la propria parte. Deve cambiare l’approccio generale alla formazione e deve nascere la consapevolezza che l’interesse alla crescita dovrebbe essere massimo per tutti. Per l’azienda, perché senza una forza lavoro competente diventa impossibile stare sul mercato; per i manager, perché la formazione è una preziosissima chiave di retention e engagement; per i singoli, perché significa acquisire nuove capacità per affrontare il mondo e il lavoro.

Possiamo quindi dire che il motore dell’apprendimento è la motivazione? “La motivazione è importante, ma è solo una cornice di senso. È fondamentale che le imprese facciano sapere ai propri collaboratori il motivo di ciò che fanno, quali sono le ricadute della formazione, gli obiettivi. Se non creiamo un senso, allora le persone non potranno essere motivate. Oltre al senso, poi, le aziende devono creare il metodo. Solo unendo questi due elementi sarà possibile innescare un sistema virtuoso in cui crescere e formarsi non sarà un obbligo, ma un piacere”.

Il ruolo dell’apprendimento collaborativo

“Una delle cose che mi da più soddisfazione in quanto professionista della formazione che collabora con diverse imprese è la creazione di gruppi di lavoro eterogenei, ovvero interfunzionali con diverse professionalità all’interno. Ingaggiare le persone su un vero problema dell’azienda porta sempre a risultati straordinari. Da un lato, perché nascono idee e proposte che spesso si rivelano davvero funzionali per l’organizzazione, dall’altro perché aiuta ad abbattere tutte le barriere e creare un senso di unità che prima non c’era tra le persone.”

Ma di forme di apprendimento collaborativo ne esistono moltissime. Basti pensare a quei gruppi composti da team leader e practice member cui compito, per un certo periodo di tempo, è quello di collaborare alla definizione di una serie di cose (attività, processi e così via) da diffondere poi all’interno dell’organizzazione.

La tecnologia? Abilita l’apprendimento

Nell’epoca della knowledge economy, anche l’accesso alle informazioni e alla formazione è totalmente cambiato e in azienda ha cominciato a farsi sentire, mai come prima, la mancanza di una figura strategica come l’architetto dell’apprendimento e di soluzioni, anche tecnologiche, in grado di abilitare e sostenere la crescita dei professionisti. Ecco perché Michele ha scelto di fondare Viblio:

“Il desiderio alla base della nascita di Viblio è stato quello di aprire a tutti un mondo di contenti formativi incredibili, anche quelli realizzati al di fuori dell’Italia. Per renderlo possibile abbiamo sfruttato le potenzialità dell’Intelligenza Artificiale che permette agli utenti di trovare ciò che più desiderano all’interno di un archivio di risorse enorme semplicemente sfruttando dei filtri per la ricerca. L’altro desiderata forte è che volevo vicino a me qualcuno che mi conoscesse come professionista, un mentor digitale che sapesse quali sono i trend, le sfide, le cose nuove che si stanno palesando e che mi suggerisse cosa approfondire.

Il terzo desiderio, forse il più folle, era che mi conoscesse non solo come professionista ma anche come persona dotata di caratteristiche peculiari, e magari una predilezione per l’apprendimento uditivo piuttosto che visivo, solo per fare un esempio.”

Insomma, Viblio ha consentito a Michele di trasformare in realtà concreta un nuovo concetto di conoscenza, non più basato sulla formazione frontale tipica del contesto scolastico, ma in quanto risultato di un mix di contenuti, dai testi agli speech, dai Ted Talk ai podcast. Il tutto, per garantire un apprendimento personalizzato, con gradi di approfondimento diverso a seconda di gusti e desideri.

Come si progetta un percorso di apprendimento e quali sono i ruoli che non possono mancare

Quando si tratta di disegnare un percorso di apprendimento è importante creare un giusto mix tra apprendimento guidato, apprendimento collaborativo, auto-apprendimento e dimensione pratica. “Questi”, racconta Michele, “sono i quattro ingredienti principali che possono essere proiettati in qualsiasi contesto”.

Tra i ruoli chiave rientra certamente quello dell’architetto dell’apprendimento, colui insomma che conosce non solo come funziona l’apprendimento ma anche l’azienda e i suoi obiettivi ed è in grado di valorizzare le risorse interne sviluppando per loro percorsi sostenibili. Ma altrettanto importante è il learning expert, l’esperto cioè in grado di preselezionare alcuni dei contenuti più interessanti per il settore (“e spesso i learning expert ci sono già all’interno delle imprese, anche se queste non lo sanno!”). Altre figure chiavi potrebbero essere quella del learning coach, capace di rendere gradevole e facilitare la capacità dei singoli di crescere in percorsi individuali e customizzati, e infine quella del comunicatore. “È importantissimo che in azienda ci sia qualcuno che si occupa degli aspetti culturali di comunicazione e di engagement interno”, racconta Michele, “perché si tratta non solo di mostrare alle risorse umane ciò che viene fatto, ma anche di dimostrare che si tratta di qualcosa di bello, che produce risultati concreti. Solo così diventa possibile creare vero coinvolgimento”. Per riuscire a connettere la crescita dei singoli con la crescita aziendale, ecco che si fa preziosa la figura che MicKinsey definisce del Business Translator. “Il punto è che dobbiamo rendere la formazione qualcosa d strategico per il business e per farlo dobbiamo capire quali sono le skill e le conoscenze che possono fare davvero la differenza per l’azienda e il settore di riferimento”.

“A parte questo, le imprese devono poi costruire un sistema di learning analytics individuando le migliori metriche da monitorare. Parliamo ad esempio del numero di persone a cui si rivolge la formazione, delle metriche di budget, investimento pro capite, durata e numero dei percorsi a disposizione e la business connection (ovvero la relazione tra i percorsi di crescita e gli obiettivi strategici aziendali).”

Le resistenze più comuni

“Per esperienza so che le imprese tendono spesso ad avere delle resistenze rispetto a questo nuovo approccio alla formazione.”. Ad esempio:

  • Non c’è budget: “in questo caso”, racconta Michele, “l’imprenditore ha già stabilito che la formazione non è importante quindi il problema non è tanto il budget in sé, quanto la percezione dell’utilità dell’apprendimento”
  • Non c’è tempo: “credere che l’apprendimento non sia lavoro è un grande bias. Il punto è che passando ad una logica da smart working, in cui il lavoro viene organizzato per obiettivi, fare formazione diventa molto più semplice”.
  • Ormai non posso imparare più nulla: “il bias dell’età è sempre molto forte e spesso porta le persone meno giovani a sentire di non poter concretamente apprendere competenze nuove, come se queste fossero ad appannaggio esclusivo delle nuove generazioni. La scienza ci dimostra che questo non è vero e che chiunque, motivato ad imparare, può farlo. Quindi perché trovare una scusa?”.

Questo articolo è stato scritto da

Manuele CeschiaCEO di MyNet. Laureato in Economia e da sempre impegnato nel settore del marketing, della comunicazione e dell’organizzazione di eventi, si occupa dello sviluppo del progetto MyNet supportando il lavoro di tutti i team. Collabora con Università e Centri di formazione per condividere la sua esperienza professionale.

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