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Settimana lavorativa di 4 giorni: opportunità e sfide per il futuro del lavoro

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Negli ultimi anni, la settimana lavorativa di 4 giorni è passata da visione utopica a sperimentazione concreta, attirando l’attenzione di aziende, governi e lavoratori.
In Paesi come Islanda, Belgio, Regno Unito e, più di recente, anche in alcune realtà italiane, si stanno testando modelli di lavoro più flessibili: dalla riduzione dell’orario settimanale alla compressione delle ore in soli quattro giorni.

I primi risultati parlano chiaro: maggiore benessere dei dipendenti, miglior equilibrio tra vita privata e professionale e, in molti casi, un aumento della produttività. Ma la settimana lavorativa di 4 giorni non è solo una questione di orari.
Per le imprese, rappresenta una trasformazione strutturale che tocca processi, strumenti digitali, cultura aziendale e modelli di leadership.
Il vero tema, quindi, non è tanto se adottare o meno la cosiddetta “settimana corta”, ma capire come farlo in modo sostenibile ed efficace.

Cos’è la settimana lavorativa di 4 giorni? Dietro le quinte della settimana corta

Quando si parla di settimana lavorativa di 4 giorni è facile pensare a un semplice “giorno libero in più”. Ma la realtà è più articolata. Dietro l’idea della settimana corta si nascondono modelli organizzativi diversi, ciascuno con implicazioni operative e gestionali ben precise.

I due approcci più diffusi sono:

  • Riduzione dell’orario settimanale, che passa generalmente, da 40 a 32 ore, mantenendo invariata la retribuzione. È la formula più orientata al benessere, ma anche quella che richiede una ristrutturazione più profonda dei processi e un’efficienza organizzativa già consolidata.
  • Comprimere l’orario su 4 giorni, mantenendo invariato il monte ore complessivo. In questo caso, le giornate diventano più lunghe, ma si guadagna un giorno libero in più. È un modello più accessibile nel breve periodo, ma può generare affaticamento se non è ben gestito.

C’è poi chi adotta modelli ibridi o flessibili, in cui la settimana corta si applica solo ad alcuni periodi dell’anno o è subordinata a determinati risultati.
Quel che accomuna queste esperienze è l’obiettivo di aumentare l’efficienza e migliorare la qualità della vita lavorativa, senza compromettere le performance, nella consapevolezza che la qualità dell’output non si misura dalla quantità di ore passate seduti alla scrivania.

Insomma, lavorare quattro giorni a settimana può trasformarsi in una leva potente per attrarre talenti, migliorare il clima interno e aumentare l’engagement. Ma per funzionare davvero, la settimana corta va accompagnata da un profondo ripensamento organizzativo: dai flussi di lavoro agli strumenti digitali, dalla leadership alla comunicazione interna.

Origini e diffusione internazionale: dove funziona davvero la settimana corta?

L’interesse per la settimana lavorativa di 4 giorni non nasce oggi. Già a partire dagli anni 2000, alcune aziende pionieristiche avevano iniziato a esplorare orari ridotti, ma è soprattutto nell’ultimo decennio, complice la pandemia e l’evoluzione del concetto di work-life balance, che il tema è entrato nell’agenda pubblica e aziendale in modo sistemico.

Diversi Paesi hanno iniziato a sperimentare modelli concreti di settimana corta, permettendo così di raccogliere dati preziosi sull’impatto in termini di produttività, benessere e sostenibilità organizzativa.

Tra i casi più noti, spicca l’esperimento condotto in Islanda tra il 2015 e il 2019, che ha coinvolto oltre 2.500 lavoratori del settore pubblico. I risultati hanno mostrato una stabilità (e in alcuni casi un incremento) della produttività, insieme a un miglioramento significativo del benessere psicofisico dei dipendenti. Sulla scia islandese, il Regno Unito ha lanciato nel 2022 il più grande test al mondo, con oltre 60 aziende e 3.000 lavoratori coinvolti: anche qui, il bilancio è stato positivo, con l’86% delle imprese che ha deciso di proseguire con il nuovo modello.

Anche il Belgio ha introdotto nel 2022 una normativa che consente ai dipendenti di concentrare la propria settimana in quattro giorni, pur mantenendo le 38 ore settimanali. In Giappone, Microsoft ha sperimentato la settimana corta con un aumento della produttività del 40%.

In Italia, il tema è ancora in fase esplorativa ma sono già diverse le aziende, soprattutto nel settore tech e consulenziale, che hanno avviato progetti pilota, sebbene manchi ancora una cornice normativa di riferimento.

Quello che emerge da queste esperienze, però, è chiaro: la settimana lavorativa di 4 giorni non è una formula magica, ma un’opportunità che diventa concreta se accompagnata da una profonda revisione dei modelli organizzativi e da una cultura del lavoro fondata sulla fiducia, sull’autonomia e sull’efficacia, più che sulla presenza.

I pro e i contro della settimana lavorativa di 4 giorni

Lavorare quattro giorni a settimana non è solo una questione di orario, ma un cambiamento che impatta profondamente sull’organizzazione aziendale, sul benessere dei dipendenti e sul modo in cui si misura la produttività. Le sperimentazioni finora condotte hanno messo in luce vantaggi tangibili, ma anche sfide che richiedono una gestione attenta e strumenti adeguati.

I vantaggi della settimana corta

L’introduzione della settimana corta può offrire benefici significativi, soprattutto quando è accompagnata da un approccio strategico e consapevole. Nello specifico, stando ai risultati emersi dalle sperimentazioni internazionali:

  • Maggiore equilibrio tra vita privata e lavoro: ridurre i giorni lavorativi significa offrire ai propri collaboratori più tempo per sé, per la famiglia, per la cura personale e per le passioni. Questo contribuisce a migliorare il benessere psicologico e a ridurre il rischio di stress cronico, con impatti positivi sulla motivazione e sull’energia quotidiana.
  • Incremento della produttività: lavorare meno giorni spinge a essere più focalizzati e a gestire meglio le priorità. Il tempo viene ottimizzato, le riunioni ridotte al minimo essenziale e l’efficienza generale tende ad aumentare, senza che la qualità del lavoro ne risenta.
  • Riduzione dell’assenteismo e del burnout: avere un giorno in più per ricaricarsi permette ai dipendenti di affrontare la settimana con maggiore energia. Diversi studi hanno mostrato un calo significativo delle giornate di malattia nei contesti dove è stata introdotta la settimana corta.
  • Employer branding più attrattivo: le aziende che adottano modelli innovativi sono percepite come lungimiranti e attente al benessere. Questo aiuta a distinguersi nel mercato del lavoro, soprattutto agli occhi dei professionisti più giovani, alla ricerca di un miglior equilibrio tra lavoro e vita personale.
  • Maggiore retention e senso di appartenenza: quando un’organizzazione dimostra di investire nella qualità del tempo dei propri dipendenti, riceve spesso in cambio maggiore coinvolgimento, lealtà e spirito di squadra.

Le sfide organizzative

Accorciare la settimana lavorativa è una scelta ambiziosa, che richiede una revisione profonda di tempi, strumenti e cultura organizzativa. Serve infatti una visione chiara e una capacità di adattamento strutturale, altrimenti si rischia di compromettere più che migliorare. Tra i rischi e le sfide più evidenti nell’adozione di questo nuovo approccio basti pensare a:

  • Rischio di sovraccarico: nei modelli che prevedono la compressione dell’orario (es. 10 ore al giorno per 4 giorni), il rischio è quello di affaticare il personale, con una conseguente perdita di lucidità e produttività nelle ore finali della giornata.
  • Disallineamento tra team: se la settimana corta non viene applicata in modo coerente tra reparti, possono verificarsi inefficienze operative, ritardi e difficoltà di coordinamento, soprattutto nei flussi interfunzionali.
  • Presenza continuativa difficile da garantire: in settori dove è richiesta una copertura costante (come assistenza clienti, sanità, retail o produzione), redistribuire i turni su quattro giorni può rivelarsi complicato senza aumentare i costi o compromettere il servizio.
  • Necessità di ripensare i processi: la settimana corta può funzionare solo se accompagnata da una revisione dei flussi di lavoro, delle priorità e della gestione del tempo. Automatizzazione, chiarezza nei compiti e gestione efficace dei carichi diventano fattori cruciali.
  • Investimenti iniziali in strumenti e formazione: per sostenere una settimana lavorativa di 4 giorni è spesso necessario dotarsi di strumenti digitali per la gestione del lavoro, la comunicazione interna e il monitoraggio dei risultati. Anche i manager devono essere formati per guidare il cambiamento con un approccio più orientato agli obiettivi.
  • Cambiamento culturale: passare da un modello basato sulla presenza a uno orientato alla responsabilità e ai risultati richiede un cambiamento di mentalità. Questo può incontrare resistenze, soprattutto nelle organizzazioni più tradizionali.

persone che lavorano in un ufficio open space davanti a schermi pc

Settimana lavorativa di 4 giorni: è applicabile in Italia?

L’idea di una settimana lavorativa di 4 giorni suscita crescente interesse anche in Italia, ma il contesto nazionale presenta caratteristiche specifiche che rendono l’adozione di questo modello più complessa rispetto ad altri Paesi europei.

Innanzitutto, manca una cornice normativa chiara. A oggi, non esiste una regolamentazione ufficiale che disciplini la possibilità di ridurre i giorni lavorativi senza intaccare la retribuzione o le tutele previste dai contratti collettivi. Alcune iniziative stanno nascendo a livello locale e sindacale, ma si tratta ancora di casi isolati e sperimentali.

Nonostante questo vuoto legislativo, diverse aziende italiane stanno iniziando a muoversi in autonomia, soprattutto nei settori più digitalizzati e orientati all’innovazione, come la consulenza, il tech, la comunicazione e il design. Settori, in poche parole, in cui la flessibilità operativa è maggiore e la cultura organizzativa più ricettiva al cambiamento. Ma la settimana corta resta ancora poco diffusa tra le PMI e nelle realtà più tradizionali, dove prevalgono ancora modelli gerarchici e orientati al controllo della presenza.

Un altro ostacolo è rappresentato dalla scarsa diffusione di strumenti e metriche per valutare la produttività. In molte imprese italiane, l’efficienza è ancora misurata in termini di ore lavorate, più che di risultati ottenuti. Questo, naturalmente, rende difficile adottare logiche basate sull’output, fondamentali per la riuscita di un modello a quattro giorni.

Eppure, il potenziale c’è. L’interesse dei lavoratori è alto, soprattutto tra le nuove generazioni, e il dibattito pubblico sul tema è in costante crescita. D’altronde, con l’esperienza dello smart working post-pandemia, molte aziende hanno già compiuto i primi passi verso una maggiore flessibilità organizzativa. Quel che manca per rendere la settimana lavorativa di 4 giorni una realtà diffusa in Italia è un cambio di prospettiva: la settimana corta non può essere un benefit, ma dev’essere considerata un vero e proprio progetto di trasformazione che coinvolge cultura, processi e strumenti.

E qui, soluzioni come MyNet possono fare la differenza.

Il ruolo degli strumenti digitali nella transizione verso la settimana corta

Come abbiamo visto, introdurre la settimana lavorativa di 4 giorni è una trasformazione organizzativa che richiede nuove modalità di pianificazione, gestione e comunicazione. Per funzionare davvero, la settimana corta ha bisogno di basi solide: processi efficienti, responsabilità chiare e una visione condivisa degli obiettivi.
È qui che entrano in gioco gli strumenti digitali.

Piattaforme tecnologiche ben progettate possono rendere possibile ciò che, altrimenti, sarebbe difficile da coordinare. Dalla gestione dei turni alla timbratura digitale, dal monitoraggio delle attività alla condivisione documentale, il supporto della tecnologia diventa essenziale per rendere sostenibile il nuovo assetto, soprattutto in realtà con team distribuiti o con esigenze operative eterogenee.

App MyNet è l’alleato strategico per le aziende che vogliono affrontare la transizione in modo strutturato e consapevole. Quest’App nata per supportare l’allineamento tra team e manager, grazie alla sua architettura modulare, permette di:

  • Ottimizzare la gestione delle presenze con un sistema di timbratura digitale flessibile, adatto a chi lavora da remoto o su orari personalizzati;
  • Facilitare la comunicazione interna, evitando sovraccarichi informativi e mantenendo tutti aggiornati su orari, modifiche e attività;
  • Monitorare la produttività e il benessere, anche attraverso sondaggi e raccolta di feedback anonimi, utili per valutare l’impatto della settimana corta nel tempo;
  • Coordinare ferie, permessi e turnazioni in modo automatizzato, evitando sovrapposizioni e garantendo continuità operativa;
  • Supportare il cambiamento culturale, fornendo una piattaforma unica in cui ogni dipendente può sentirsi coinvolto, informato e valorizzato.

Adottare una settimana lavorativa di 4 giorni non è un passo da compiere a cuor leggero, ma con i giusti strumenti è possibile costruire un modello più sostenibile, umano ed efficace. MyNet è pensata proprio per accompagnare le aziende in questa evoluzione, trasformando un’idea innovativa in una pratica concreta.

Prima di adottare la settimana corta: le domande da porsi

Prima di pensare alla settimana lavorativa di 4 giorni come a una soluzione da implementare, è fondamentale fermarsi a riflettere. Ogni cambiamento organizzativo, per quanto promettente, deve rispondere a esigenze reali e basarsi su condizioni di partenza solide.
Ecco alcune domande che ogni azienda dovrebbe porsi prima di avviare la transizione:

Quali sono gli obiettivi reali dell’introduzione della settimana corta?
Aumentare il benessere? Ridurre il turnover? Migliorare la produttività o l’attrattività sul mercato del lavoro? Senza una finalità chiara, anche la migliore delle strategie rischia di diventare un semplice esperimento.

L’organizzazione ha già una cultura orientata al feedback e al risultato?
La settimana corta funziona dove il lavoro è valutato per gli obiettivi raggiunti, non per le ore trascorse alla scrivania. Serve quindi un mindset aziendale capace di misurare, ascoltare e adattarsi.

I processi sono abbastanza snelli e digitalizzati?
Una gestione del lavoro ancora troppo manuale, ridondante o legata alla presenza fisica rischia di rendere insostenibile il passaggio a un modello più agile e flessibile.

I team sono pronti a gestire in autonomia tempi, priorità e responsabilità?
La settimana corta richiede maturità organizzativa: non basta ridurre le ore, bisogna saperle usare meglio. Questo implica fiducia, chiarezza nei ruoli e capacità di lavorare per obiettivi.

Conclusione

Il clamore e interesse generato dalla settimana lavorativa di 4 giorni è uno dei segnali più chiari che il mondo del lavoro sta cambiando. Le organizzazioni non sono più chiamate solo a garantire efficienza, ma anche equilibrio, motivazione e sostenibilità. E non soltanto per garantire al proprio personale un buon equilibrio tra vita e lavoro, ma anche per riuscire a mantenersi competitive in contesti in cui i talenti posso decidere a chi dedicare il proprio tempo e le proprie energie.

Ma adottare il modello della settimana corta significa ripensare tempi, strumenti e abitudini aziendali. Non si tratta di comprimere le ore, ma di liberare potenziale.

Se stai valutando come introdurre la settimana corta nella tua azienda, il primo passo è costruire le basi giuste. E in questo, la tecnologia può fare la differenza. Con MyNet, puoi progettare una gestione del lavoro più agile, trasparente e orientata ai risultati, su misura per la tua organizzazione. Vuoi parlare con il nostro team? Contattaci, siamo pronti ad accompagnarti nel cambiamento e a liberare il potenziale delle tue risorse umane.

Questo articolo è stato scritto da

Manuele CeschiaCEO di MyNet. Laureato in Economia e da sempre impegnato nel settore del marketing, della comunicazione e dell’organizzazione di eventi, si occupa dello sviluppo del progetto MyNet supportando il lavoro di tutti i team. Collabora con Università e Centri di formazione per condividere la sua esperienza professionale.

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