
Permessi allattamento sul lavoro: guida per HR su ore riconosciute, riposi e normativa INPS
Tra le richieste più frequenti che un ufficio HR si trova a gestire dopo un rientro dalla maternità ci sono i permessi per allattamento. Si tratta di un diritto riconosciuto per legge che permette alla lavoratrice madre, e in alcuni casi anche al lavoratore padre, di usufruire di ore di riposo retribuite nel corso della giornata lavorativa per dedicarsi all’allattamento. La normativa è chiara, ma non sempre semplice da applicare, soprattutto quando entrano in gioco contratti diversi, orari ridotti o quando si tratta di gestire una richiesta di permesso allattamento da parte del lavoratore padre, che può essere accolta solo al verificarsi di condizioni specifiche.
Quindi, che fare? Il primo step è conoscere che cosa prevede la normativa e quali sono le regole imposte dall’INPS, come funziona la procedura di richiesta e quanto dura il periodo di allattamento. In questo articolo analizziamo i punti chiave per aiutare chi si occupa di gestione del personale a gestire i permessi di allattamento in modo corretto ed efficiente, garantendo il rispetto degli obblighi normativi e la continuità operativa dell’organizzazione.
Permessi per allattamento: cosa sono e chi ne ha diritto
Il permesso per allattamento è un periodo di riposo retribuito concesso nel primo anno di vita del bambino, per consentire alla lavoratrice madre di prendersi cura del neonato durante l’orario di lavoro.
Previsto dall’articolo 39 del Decreto legislativo 151/2001, il congedo per allattamento può essere di una o due ore al giorno, a seconda dell’orario contrattuale, e va gestito con attenzione, soprattutto in contesti con turnazioni o contratti part-time.
Per chi lavora in ambito HR, è fondamentale conoscere sia la base normativa sia le implicazioni operative di questo diritto. Infatti, oltre a gestire le modalità di richiesta e la rendicontazione delle ore, l’ufficio del personale deve anche sapere chi può beneficiarne: non solo la madre, ma in alcuni casi anche il padre (approfondiremo il congedo per allattamento concesso al padre tra poco).
Cosa dice la normativa sulle ore di allattamento e sulla durata del permesso
Una volta chiarito chi ha diritto ai permessi per allattamento, è utile soffermarsi su un altro aspetto centrale per chi lavora nelle Risorse Umane: la durata e le modalità di fruizione. Oltre a conoscere quante ore di allattamento spettano, un HR manager deve infatti anche aver ben chiaro come queste variano in base all’orario contrattuale, al tipo di contratto e alle eventuali eccezioni previste dalla legge.
Secondo quanto stabilito dal Decreto legislativo 151/2001, la lavoratrice madre ha diritto a due riposi giornalieri da un’ora ciascuno, se la giornata lavorativa supera le sei ore. Se invece l’orario è pari o inferiore, il riposo si riduce a un’ora. La regola può essere applicata anche al lavoratore padre, in presenza delle condizioni previste.
Il periodo di allattamento riconosciuto va dalla nascita del bambino fino al compimento del suo primo anno di vita. Ma non è sempre così. Infatti, in caso di parto gemellare o plurimo, le ore di allattamento sono raddoppiate.
Per questo è importante che l’HR tenga traccia non solo della scadenza temporale del beneficio, ma anche di eventuali elementi che impattano sulla quantità di ore spettanti: part-time, contratti a tempo determinato, turni flessibili o sovrapposizioni con altri istituti.
Insomma, per riassumere i punti chiave sulla durata del permesso per allattamento, ecco cosa ricordare:
- Il diritto si applica fino al compimento del primo anno di vita del bambino.
- Le ore di permesso sono generalmente 1 o 2 al giorno, a seconda della durata dell’orario di lavoro.
- In caso di parto gemellare o plurimo, le ore vengono raddoppiate.
- Nei contratti part-time, le ore possono essere rimodulate proporzionalmente.
- Le ore non sono cumulabili e devono essere fruite giornalmente, salvo accordi specifici.
Conoscere esattamente quanto dura il periodo di allattamento e fino a quando può essere fruito è la base per costruire un sistema di gestione trasparente, conforme e soprattutto sostenibile per l’organizzazione.
Richiesta allattamento e adempimenti INPS: cosa deve fare l’HR
Per usufruire dei permessi per allattamento, la lavoratrice madre deve presentare una richiesta al proprio datore di lavoro, indicando il periodo e le modalità di fruizione del permesso. La comunicazione può avvenire in forma scritta o tramite i canali digitali aziendali, e deve contenere tutte le informazioni necessarie per la corretta pianificazione e rendicontazione delle ore.
L’HR, dal canto suo, ha il compito di verificare che la richiesta sia conforme alle regole interne e alla normativa INPS, assicurandosi che venga tracciata correttamente ai fini retributivi e contributivi. L’indennità per i riposi giornalieri è infatti anticipata in busta paga dal datore di lavoro, che poi la recupera tramite conguaglio INPS. È buona prassi, soprattutto in contesti complessi (es. orari flessibili o richieste frazionate), richiedere un’autodichiarazione o documentazione che attesti il diritto alla fruizione.
La gestione operativa dei permessi per allattamento INPS richiede quindi una buona organizzazione interna: flussi chiari tra ufficio HR e amministrazione del personale, archiviazione ordinata delle richieste, e aggiornamento puntuale sulle istruzioni fornite dall’Istituto in merito ai riposi giornalieri per allattamento.
Ma cosa accade invece quando a fare richiesta di permesso per allattamento è un papà?
Un focus sul permesso allattamento padre: quando spetta e come funziona il processo
Come abbiamo accennato fin qui, la possibilità di usufruire dei permessi per allattamento non è riservata esclusivamente alla lavoratrice madre. In determinate condizioni, anche il lavoratore padre può avere diritto al permesso e richiedere il beneficio, seguendo una procedura specifica e subordinata alla verifica di alcuni requisiti normativi.
Il permesso allattamento padre può infatti essere riconosciuto solo nei seguenti casi:
- decesso o grave infermità della madre;
- affidamento esclusivo del figlio al padre;
- rinuncia formale della madre ai riposi per allattamento;
- mancanza del diritto da parte della madre (ad esempio in quanto lavoratrice autonoma).
In queste situazioni, la richiesta di permesso per allattamento da parte del padre segue una procedura diversa rispetto a quella prevista per la madre. Il lavoratore padre deve infatti presentare domanda sia all’azienda, come previsto per qualsiasi permesso, che all’INPS, utilizzando i canali telematici dedicati.
L’ufficio HR è chiamato a verificare che siano soddisfatte tutte le condizioni previste dalla normativa, raccogliendo e conservando la documentazione necessaria (es. certificazioni, dichiarazioni, autocertificazioni). Anche in questi casi, i riposi per allattamento possono essere fruiti fino al compimento del primo anno di vita del bambino e con lo stesso monte ore previsto per la madre, in funzione dell’orario contrattuale.
Indennità allattamento e retribuzione
I permessi per allattamento sono periodi di assenza retribuita a carico dell’INPS, ma anticipati in busta paga dal datore di lavoro. L’azienda, infatti, eroga direttamente l’indennità allattamento e successivamente la recupera attraverso il meccanismo del conguaglio INPS, secondo le istruzioni contenute nei flussi UniEmens.
L’indennità di allattamento corrisponde al 100% della retribuzione per ogni ora di permesso fruita, sia per la madre che per il padre, a condizione che siano rispettati i requisiti previsti dalla legge e che l’assenza venga documentata correttamente. L’HR deve quindi assicurarsi che il sistema di rilevazione presenze consenta una distinzione chiara tra riposi giornalieri per allattamento e altre tipologie di assenza, così da garantire una rendicontazione precisa e una gestione fluida delle richieste.
Attenzione anche alla tempistica: in caso di ritardi nella trasmissione dei dati o errori nei codici causali, l’azienda rischia di non ottenere il rimborso corretto da parte dell’INPS. Una gestione ordinata dell’intero processo — dalla richiesta all’elaborazione del cedolino — è quindi fondamentale per evitare scostamenti nei rimborsi e potenziali contenziosi.
Cumulabilità dei permessi per allattamento: cosa sapere in presenza di altri istituti
Nella gestione quotidiana delle assenze, può capitare che i permessi per allattamento si sovrappongano ad altri istituti contrattuali come ferie, ROL, congedo parentale o malattia del bambino. In questi casi, è importante sapere che i riposi giornalieri per allattamento non sono cumulabili con le ore di altri permessi retribuiti fruiti nello stesso giorno.
In particolare, se il dipendente usufruisce di una giornata interamente coperta da ferie o congedo parentale, non è possibile riconoscere anche i riposi orari per allattamento. Tuttavia, è possibile combinare i permessi per allattamento con altre assenze parziali, purché siano correttamente contabilizzati e rientrino nei limiti giornalieri previsti dalla normativa.
Ad esempio, un dipendente che rientra in servizio solo per mezza giornata può comunque usufruire del riposo per allattamento, se compatibile con l’orario effettivamente lavorato.
Ancora una volta, questo significa, per l’ufficio HR, dover garantire un sistema di rilevazione presenze capace di distinguere chiaramente le diverse causali e di applicare in automatico i limiti di cumulabilità. Una gestione accurata evita errori nella retribuzione, contestazioni o scostamenti nei dati trasmessi all’INPS.
Gestione dei permessi per allattamento: le sfide per l’ufficio HR
Se la normativa che regola i permessi per allattamento appare lineare sulla carta, nella realtà aziendale la sua applicazione richiede attenzione, metodo e capacità di adattamento. Ogni situazione può comportare variabili complesse: part-time, contratti a termine, rientri post-maternità, assenze non programmate o richieste di permesso allattamento padre che necessitano valutazioni caso per caso.
Per l’HR, il vero nodo non è tanto interpretare la norma, quanto coordinare tutti gli attori coinvolti — dipendenti, payroll, amministrazione, consulenti — mantenendo al contempo ordine nei flussi e coerenza nei dati comunicati all’INPS. Una richiesta mal gestita può infatti avere effetti a catena su buste paga, rimborsi e flussi contributivi.
A questo si aggiunge l’esigenza di garantire trasparenza e uniformità, anche in contesti distribuiti su più sedi o con orari flessibili. È qui che il ruolo dell’ufficio HR si conferma strategico: non solo garante della correttezza formale, ma anche facilitatore di un’organizzazione sostenibile, capace di bilanciare diritti dei dipendenti e produttività del business.
Come semplificare la gestione dei permessi di allattamento con MyNet
Coordinare richieste, approvazioni, comunicazioni e documenti relativi ai permessi per allattamento può diventare un’attività complessa, soprattutto quando si gestiscono più sedi, orari differenziati e casistiche particolari come il permesso allattamento padre.
Una buona soluzione è quella di affidarsi a suite HR in grado di semplificare questi aspetti, permettendo di digitalizzare flussi e processi e di accentrare le informazioni in un unico tool accessibile da qualsiasi luogo. Un esempio? App MyNet, con il suo modulo dedicato proprio alla gestione delle richieste nato per snellire i processi di richiesta ferie e permessi e comunicazioni di malattia.
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In più, grazie alla reportistica integrata, è possibile monitorare lo storico delle assenze per allattamento, esportare i dati per il payroll e avere sempre visibilità sulle fruizioni in corso e su quelle programmate. Una gestione strutturata che riduce il margine di errore snellisce il lavoro dell’HR e garantisce conformità normativa lungo tutto il processo.
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